Il decreto di Putin che cambia la dottrina nucleare russa «è una vera svolta, che in prospettiva può essere molto insidiosa e pericolosa». A sostenerlo è il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Ics, già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e consigliere militare di tre presidenti del Consiglio. «Prima la dottrina per l’armamento nucleare prevedeva che Putin fosse autorizzato a usare l’atomica soltanto se fosse stata in pericolo l’esistenza stessa della Russia, un’asticella quindi molto alta. La musica ora è cambiata e non possiamo più stare tranquilli. Putin è autorizzato pure se la Russia è attaccata con armi convenzionali da un Paese sostenuto da chi ha l’atomica: vestito che si attaglia perfettamente a americani, francesi e inglesi». Il New York Times spiega che un’aggressione alla Russia da un Paese non nucleare, ma appoggiato da uno dotato dell’atomica, sarà d’ora in poi considerato «attacco congiunto». Mosca sarebbe così legittimata a reagire con l’atomica non solo contro l’Ucraina, ma contro gli Usa dopo il lancio dei missili tattici d’artiglieria autorizzati da Biden. Ieri, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha ricordato quanto detto da Putin il 12 settembre, ovvero che per azionare gli Atacms c’è bisogno del contributo attivo e in loco di personale americano. Significa che l’America sarebbe entrata in guerra con Mosca.
LA STRATEGIA
Ma a Washington si obietta che il cambio di dottrina nucleare è solo un’espressione «irresponsabile» di Putin e non è una sorpresa, era annunciato, non è collegato alla decisione di Biden. Si tratta ancora, probabilmente, del tentativo di impedire che gli Atacms vengano realmente impiegati, come sottolineava ieri l’Institute for the Study of war, fondazione di Washington che segue giorno per giorno l’andamento del conflitto russo-ucraino. L’Isw citava i milblogger, i blogger militari russi i cui post forniscono indizi sull’atteggiamento di Mosca verso la guerra, che rimarcavano l’assenza di conferme ufficiali dalla Casa Bianca allo scoop del Washington Post per cui Biden avrebbe consentito l’impiego esteso degli Atacms nel Kursk. Pur non confermando, fonti Usa attribuiscono la decisione di Biden all’escalation rappresentata dal dispiegamento al fronte di circa diecimila soldati nord-coreani.
L’ESPERTO
«Sotto il profilo tecnico – spiega il generale Tricarico – mi stupisco che si discuta dell’opportunità di usare gli Atacms in profondità. Mi sorprende pure che Macron volesse mandare i soldati francesi a combattere, ma non consenta l’impiego sul territorio russi dei missili Scalp. Lo stesso vale per gli inglesi con gli Storm Shadow, e i tedeschi ancora non hanno fornito i loro Taurus. Assurdo limitare l’uso di questi sistemi, è come autorizzare a colpire solo la freccia e non anche l’arco o l’arciere». Incerta l’interpretazione dei motivi che hanno spinto Biden a concedere proprio ora un’autorizzazione a lungo negata. «Secondo le regole di una normale transizione di potere – avverte Tricarico – chi lascia l’incarico dovrebbe limitarsi all’ordinaria amministrazione e sulle questioni delicate consultarsi con chi subentra. Dubito che questo sia successo tra Biden e Trump. Tutto fa pensare che non ci sia stata una concertazione tra presidente in carica e presidente eletto. Biden può aver voluto mettere nelle mani di Zelensky un mezzo per non concedere troppo vantaggio a Putin una volta che si andrà al tavolo negoziale. Ma questa è la lettura benevola». L’altra, quella che Tricarico sposa, è che Biden abbia voluto «gettare sabbia negli ingranaggi della macchina di Trump prima ancora che parta, ben sapendo che andrà in una direzione opposta alla sua. Dati i rapporti tra i due, e dato che la linea di Trump è diametralmente divergente da quella di Biden e probabilmente Trump riuscirà a raggiungere un risultato che Biden neppure ha cercato, propendo per la seconda ipotesi», dice Tricarico. Quella in Ucraina è una guerra di logoramento, nonostante che «il tiro alla fune stia dando qualche metro di vantaggio a Putin». Ma in ogni caso, rispetto all’obiettivo iniziale di far capitolare Kiev, «Putin ha perso, non ce la farà mai».
LE CONDIZIONI
Circolano già ipotesi di piattaforma negoziale: concessioni territoriali in cambio della fine della guerra e del mancato ingresso dell’Ucraina nella Nato, con una forza di sorveglianza lungo la linea di cessate il fuoco. Si vedrà se Putin ha interesse a un’escalation in vista dell’insediamento di Trump, oppure no. Il linguaggio di Mosca verso The Donald è morbido e segnala un’apertura di credito. I progetti di pace del presidente eletto, osserva il New York Times, non sono minati dalla decisione di Biden sugli Atacms, mentre potrebbero esserlo da una reazione eccessiva di Putin.
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