Nelle prime ore di oggi martedì 24 dicembre i carabinieri del Ros stanno portando avanti una importante operazione antiterrorismo. Per provvedimento del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bologna, in coordinamento con la procura antiterrorismo, sono stati arrestati cinque giovani residenti a Bologna, Milano, Udine e Perugia ritenuti, a vario titolo, responsabili di avere costituito ovvero fatto parte di un’associazione terroristica dedita alla promozione, al consolidamento e al rafforzamento delle formazioni terroristiche globali denominate “Al Qaeda” e “Stato Islamico”.

carabinieri ros

Quattro degli indagati sono accusati di aver costituito un’associazione terroristica d’ispirazione salafita-jihadista, declinata in chiave takfirista (estremista), denominata “Da’wa Italia”. Tale gruppo avrebbe promosso, consolidato e rafforzato le attività delle organizzazioni terroristiche “Al Qaeda” e “Stato Islamico”, attraverso propaganda jihadista e reclutamento di nuovi adepti.

Un aspetto significativo dell’indagine riguarda la disponibilità degli indagati a raggiungere territori controllati da milizie jihadiste in Africa e Siria. Uno dei membri del gruppo, infatti, avrebbe lasciato il territorio italiano per recarsi nel Corno d’Africa prima dell’emissione del provvedimento cautelare.

Reclutavano miliziani per il Jihad

Il quinto indagato, fratello della principale figura femminile del gruppo, sarebbe stato radicalizzato proprio dalla sorella: si stava addestrando per arruolarsi nelle organizzazioni terroristiche jihadiste e nel frattempo diffondeva messaggi di propaganda via internet.

L’inchiesta, complessa e articolata, è stata condotta con il fondamentale supporto della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ed è iniziata nel settembre 2023. L’indagine ha preso avvio da un monitoraggio sui circuiti radicali di matrice jihadista, con particolare attenzione alla diffusione di contenuti propagandistici online destinati a giovani di seconda generazione o ragazzi italiani in cerca di identità, facilmente influenzabili dalla retorica jihadista.

La cellula jihadista a Bologna

Le indagini si sono focalizzate inizialmente sul ruolo di una giovane pakistana, cresciuta e residente a Bologna, che si è distinta per il suo incessante attivismo e proselitismo. Questa figura chiave è stata in grado di coinvolgere una giovane di origine algerina residente a Spoleto, con cui ha formato un gruppo autonomo denominato “Da’wa” (“chiamata”, in arabo), mirato a promuovere una specifica visione dell’Islam.

Gli approfondimenti investigativi hanno portato all’identificazione di altri membri del sodalizio, tra cui un giovane cresciuto a Milano, sospettato di essersi unito alle milizie jihadiste nel Corno d’Africa, e un altro di origine turca, residente da anni tra le province di Gorizia e Udine, ben integrato nel tessuto socio-economico locale.

Le dinamiche del gruppo riflettono alcune tendenze del jihadismo globale, come il crescente coinvolgimento di giovani, talvolta minorenni, che diventano non solo diffusori del messaggio propagandistico, ma anche potenziali attori di azioni violente. Il periodo della pandemia da COVID-19 ha svolto un ruolo significativo nel favorire un rapido processo di radicalizzazione, amplificato dall’uso di internet.

Nel corso delle indagini, è emersa una preoccupante evoluzione delle intenzioni degli indagati. Non si sono limitati alla propaganda online, ma hanno esteso il loro raggio d’azione verso nuovi soggetti, come il fratello minore della principale indagata, e cercato contatti oltre i confini nazionali per raggiungere territori controllati da milizie jihadiste.