È bastato un solo aggettivo su un comunicato di appena quattro righe per scatenare di nuovo l’incertezza sulla salute papale. Il quadro clinico di Bergoglio a quattro giorni dalla degenza ieri a mezzogiorno diventava «complesso», una trasformazione di un certo peso, capace ovviamente di spazzare via in un colpo solo tutte le rassicurazioni incoraggianti che erano state fornite precedentemente sia dal Gemelli, dove è in cura da venerdì mattina Bergoglio, sia dalla struttura vaticana.
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Come era facile prevedere quell’aggettivo che qualcuno ha voluto introdurre è risultato incendiario e ha iniziato ad alimentare in tutto il mondo le voci più disparate che ovviamente riguardavano un evidente peggioramento improvviso dell’illustre paziente rispetto allo stato descritto del giorno precedente. Il quadro di Bergoglio diventava ancora più fosco, specie associato alla frase successiva: «Richiederà una degenza ospedaliera adeguata».
Adeguata: cosa significasse nel dettaglio quella incertezza nessuno, a nessun livello, era in grado a fornirlo, né alla stampa internazionale né all’opinione pubblica mondiale che è restata col fiato sospeso e tanti dubbi sulla reale salute del vecchio Papa. Eppure ogni mattina il portavoce della sala stampa, Matteo Bruni è arrivato puntuale a distribuire le pochissime informazioni a sua disposizione, raccontando quello che a lui veniva fornito dal Gemelli, e cioè che l’illustre paziente aveva riposato bene, letto i giornali, pregato, seguito qualcosa in tv e fatto colazione. Più o meno quello che fanno tutti i malati normali in ospedale.
I DETTAGLI
Da chi è dipesa l’aggiunta di quell’aggettivo sensibile senza che venisse chiarito meglio, anche dal punto di vista medico, il quadro e la natura della patologia o delle patologie presenti, è rimasto un mistero e forse tale rimarrà. Col risultato però che ha ulteriormente scatenato l’ondata di incertezza generale. Persino per i cardinali le indiscrezioni negative che viaggiavano erano impossibili da verificare. Al Gemelli Papa Francesco è racchiuso in una specie di bolla impenetrabile, dove pochissimi sono ammessi. I segretari, qualche gendarme di fiducia, i medici. Persino per illustri porporati amici è impossibile tagliare quella cortina di ferro. «Ormai da tempo anche a noi del Collegio non arrivano informazioni di sorta, non sappiamo nulla se non quello che leggiamo e francamente cominciamo a essere preoccupati. Possiamo solo pregare e accompagnare così la Chiesa» sussurra un porporato di curia, chiedendo l’anonimato. Di questi tempi dicono di avere timore persino a parlare.
Il pre-conclave di fatto è cominciato da un pezzo e non è una novità, viene fatto coincidere con il 2020, quando il Papa fu operato al colon, un lunghissimo e complicato intervento. Anche in quel frangente la struttura curiale e il Collegio cardinalizio non erano a conoscenza dell’operazione, che hanno appreso da radio e tv.
Conciliaboli, incontri, speculazioni sul dopo Francesco si sono avviati in quel periodo al punto che l’anno successivo, durante un viaggio, il Papa svelò ad un gruppo di sacerdoti che c’era chi pregava la sua morte. «So che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave».
OPACITÀ
Stavolta ad alimentare le manovre dietro le quinte – un fisiologico movimento curiale che si affaccia ad ogni fine pontificato – sono principalmente due fattori. Da una parte i continui stop and go della agenda papale: cancellazioni improvvise di messe, eventi giubilari saltati, diverse defaillance fisiche, cadute improvvise a Santa Marta (ben visibili dai lividi sotto il mento o dalla fascia al collo per bloccare l’avambraccio).
A questo si aggiungono ora anche le scarse informazioni, la poca trasparenza, i bollettini medici che non sono firmati da nessun medico. In curia fanno notare che non si conosce nemmeno il primario che lo ha in cura.
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