La missione italiana di Paolo Zampolli, inviato speciale di Trump per il nostro Paese, è cominciata con una partita di calcio, Inter-Lazio a San Siro al fianco di Lotito, ed è proseguita con un incontro ampiamente raccontato e illustrato sui social con Matteo Salvini, il vicepremier e leader leghista. Imprenditore come Trump, milanese ma trapiantato da decenni negli Usa tanto da passare ormai nella sua parlata indifferentemente dall’italiano a un inglese yankee, e contaminare la lingua madre con l’accento newyorchese, Zampolli, 54 anni quasi 55, è sulla carta uno dei cinque inviati speciali di Trump, anche se la nomina è più ufficiosa.

TRA JET SET E AFFARI
Certo, la sua amicizia con The Donald è di lunga data, trent’anni, ed è anzi stato lui a presentare al futuro presidente americano Melania Knaus poi coniugata Trump. La notorietà, Zampolli l’ha assaporata già negli anni Novanta a Milano con un’agenzia di modelle. L’amicizia con Melania non è casuale. Le presentazioni tra lei e Donald a un party di quelli sfarzosi e pieni di bellissime donne del jet set.

Una frequentazione dell’élite affaristica che anche a New York non è mai venuta meno. Come Trump, infatti, Zampolli è un uomo concentrato sugli affari, un negoziatore. Nei giorni scorsi ha raccontato che Trump con una punta di affetto lo chiama «il mio Paolo». Ed è stato abile, lo special envoy per l’Italia, a definire bene in un’intervista al Giornale nei giorni scorsi il suo ruolo rispetto a quello di altre figure come l’Ambasciatore Usa. Il suo è un incarico più legato a missioni particolari, quelle che comportano una libertà di manovra che spazia dalla politica all’economia. Con una qualche spregiudicatezza.

«Incontro cordiale e costruttivo al ministero», ha scritto ieri Matteo Salvini sui suoi social dopo avere ricevuto Zampolli. «È stata l’occasione per ribadire gli ottimi rapporti con la nuova amministrazione americana e rafforzare i legami economici e commerciali tra i due Paesi». È stata però anche l’occasione, a quanto trapela, per ipotizzare un viaggio di Salvini negli States, e cercare di stabilire un legame che per bilanciare quello ampiamente consolidato, e personale con Trump, della premier, Giorgia Meloni, unico capo di governo ad avere già incontrato tre volte il presidente americano. «Il mandato che ho – spiega Zampolli – è quello di irrobustire le relazioni con l’Italia». Grazie, quindi, a Salvini per sostegno e amicizia dimostrati verso Trump.

Anche Zampolli, come l’inquilino della Casa Bianca e come Giorgia Meloni, è a suo modo uomo del fare. Uno che negozia, che intesse reti e relazioni. E per il quale conta la sostanza. Gli affari. Un po’ come Trump che sta riducendo la guerra russo-ucraina a una questione di accordi sulle terre rare e riapertura dei canali commerciali. E in questo modo, però, sta pure avvicinandosi a un’intesa, forse, di pace. Basta perdere tempo, è il ragionamento fatto proprio anche da Zampolli inviato di Trump. «Questa guerra sta rovinando l’economia europea e non solo». È quello che sostengono da tempo ambienti della maggioranza in Italia.

I DOSSIER
Zampolli, in particolare, è indicato come l’uomo che potrà gestire i dossier più delicati, compresi quelli economici, tra Italia e Stati Uniti. Per esempio, in previsione della costruzione di una capacità militare Ue, quelli che riguardano le forniture militari. E non soltanto quelle dagli Usa al Belpaese, ma quelli che dalle grandi aziende italiane sono ricercati pure sull’altro versante dell’Atlantico. Fincantieri produce negli Usa. Leonardo è impegnato con Regno Unito e Giappone nello sviluppo del Tempest, il caccia di sesta generazione che dovrà sostituire Eurofighter e Tornado. Il taglio dei fondi per il caccia equivalente sviluppato in Usa dalla Lockheed potrebbe spianare la strada a patti di collaborazione. Inoltre, gli americani potrebbero attingere in Italia all’industria dei radar che presenta eccellenze tecnologiche di assoluto rilievo.

LEALE CON DONALD
Questi giorni sono per Zampolli una prima ripresa di contatto con l’Italia, in vista di un lavoro che dovrà svolgersi nei prossimi mesi e anni, come diretta emanazione di Trump. «Devo obbedire agli ordini del Presidente – ha detto nei giorni scorsi – e fare quello che lui dice. Sono sempre stato leale con Donald, come lui lo è stato con me. Io devo essere il portatore delle sue decisioni e dei suoi desideri». Una delle massime sulle quali è in perfetta sintonia con Donald, col suo «migliore amico», è «business business business». Il che significa che anche la politica è business.

Tutto nasce dal negoziato, si tratta di sedere a un tavolo e parlare. Come per la guerra russo-ucraina. L’approccio assertivo, burbero e controintuitivo di Trump nasconde, ed è questo il segreto del successo di Trump e dei trumpiani, una volontà di usare la forza ma anche perseguire il compromesso, attraverso la forza. «Il mondo ha avuto la fortuna di avere Trump. Questa persona ti ferma le guerre, ti riporta a casa gli ostaggi, e tantissime altre cose». Soprattutto, sa fare affari. E concludere contratti.

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