MILANO Tracce di fumo nei capelli. La riapertura delle indagini sulla morte di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco la mattina del 13 agosto 2007, obbliga gli investigatori a tornare indietro nel tempo. E a ripescare dai faldoni gli atti funzionali alla nuova accusa formulata dalla Procura di Pavia, che ha indagato Andrea Sempio per omicidio «in concorso con altri o con Alberto Stasi». Tra le migliaia di carte c’è anche una perizia del 2008 che rileva la presenza di nicotina nei capelli della ragazza benché il fidanzato, l’ultima persona che avrebbe visto prima di morire, non fumi.
LA PERIZIA
Nel 2007 l’allora pm di Vigevano Rosa Muscio incarica il professor Angelo Groppi di svolgere una perizia tossicologica, che viene consegnata il 9 gennaio 2008. Il risultato delle analisi rivela che i capelli di Chiara contengono tracce di nicotina e poiché la ventiseienne non fumava sarebbero la conseguenza di un’esposizione prolungata alle esalazioni passive di sigaretta di chi le stava accanto. Stasi non è un fumatore, lo è invece il padre di Chiara, Giuseppe Poggi, che tuttavia da una settimana era in vacanza con la moglie Rita Preda. Dettaglio della perizia: il fumo è presente nella parte finale dei capelli, in quella centrale e soprattutto nella parte più vicina al cuoio capelluto, cresciuta nei giorni prima dell’omicidio, e ciò attesterebbe un’esposizione prolungata al fumo. In alcune fotografie scattate dai carabinieri sul luogo del delitto compare un portacenere con segni di utilizzo, ma senza mozziconi: «Mia figlia non avrebbe mai lasciato un portacenere sporco in cucina», ha riferito Rita Preda nella sua deposizione. Resta da capire se quei mozziconi li abbia presi qualcuno per farli sparire, se siano stati acquisiti prima dello scatto, se a distanza di diciotto anni dal delitto si trovino ancora tra i reperti conservati. Il gip di Pavia Daniela Garlaschelli, nel disporre il prelievo coattivo del dna di Andrea Sempio, ha disposto la comparazione con le altre tracce biologiche isolate nella villetta di via Pascoli, ma nel frattempo la tastiera del computer di casa Poggi usato da Sempio con l’amico Marco, il fratello di Chiara, è stata smaltita e non si trovano il tappetino del bagno, né il pigiama che indossava la vittima. Una foto mostrava l’indumento con impressa la mano insanguinata dell’assassino, che poi sarebbe andato al lavandino a ripulirsi. E sul dispenser del sapone, oltre a un’impronta digitale di Stasi, era stata trovata anche una seconda traccia ai tempi illeggibile.
IL RACCONTO
Proseguono intanto le audizioni dei testimoni, l’elenco di persone da convocare è lungo: i genitori di Chiara, le cugine Paola e Stefania Cappa, i vicini di casa. Due giorni fa Le Iene hanno incontrato un supertestimone che, dopo questi lunghi anni di silenzio, ha deciso di raccontare la sua versione su ciò che sarebbe accaduto il giorno del delitto. L’uomo ha scelto di parlare solo ora perché, sostiene, temeva di «finire nei guai». «Se mi sento più libero? Sì, dopo diciott’anni mi sono sentito meglio, a livello emotivo e personale. Lo faccio solo per quella ragazza, degli altri non me ne frega niente». Il super testimone è stato reticente all’inizio, «siccome mi è stato ordinato di non dire niente. Vengo messo in mezzo a una situazione grave, non voglio saperne niente perché so che non devo dire delle cose». Il suo racconto è stato consegnato all’autorità giudiziaria: «Qui non si parla di errori, ma di volontà. Un mese dopo il delitto io avevo delle cose da dire, ma non c’è stata l’intenzione di ascoltare», afferma ora. Quanto ad Andrea Sempio, il suo legale assicura che è «tranquillo» e sta pensando a «sistemare la questione lavorativa». Dopo avere appreso delle nuove indagini a suo carico, il trentasettenne si è preso qualche giorno di ferie: «Vende telefoni, non se la sente di incontrare persone. È distrutto, non regge il colpo», dipingeva il suo stato d’animo l’avvocato Massimo Lovati. Adesso sta valutando di «riprendere a lavorare», sia per non tornare continuamente con il pensiero a ciò che sta accadendo, sia perché «tanto non cambia niente». Ribadisce il legale: «Siamo sereni e lui è tranquillo ed è innocente, lo dimostreremo. Il problema è che non sarà mai risarcito per questa sofferenza».
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