Un vero e proprio tour d’Italia in musica, quello proposto dall’Unitre di Cuorgnè durante l’ultima conferenza, che ha saputo fondere emozione, cultura e storia attraverso le melodie popolari delle nostre regioni. Un viaggio virtuale, ma intensamente evocativo, grazie alla competenza e alla passione dei docenti Giovanni Usai, al pianoforte, Walter Balagna, alla fisarmonica, e alle voci di Elisabetta Giannone, Franco Lechiara e Oscar Lando. A impreziosire l’incontro anche il contributo video curato da Claudio Deiro.

È Walter Balagna a introdurre il tema della musica popolare italiana, descrivendola come un’espressione straordinaria di secoli di storia e di contaminazioni culturali. Canzoni nate dal cuore del popolo, che raccontano le radici, i costumi e i sentimenti delle diverse regioni del Bel Paese. Ogni brano, spesso cantato in dialetto, è lo specchio di una comunità e continua ancora oggi a vivere durante feste, cerimonie e ricorrenze.

Il viaggio musicale parte dalla Sardegna, con Franco Lechiara che interpreta “Non potho reposare”, struggente canzone d’amore scritta nel 1920 da Giuseppe Rachel, su versi del poeta Salvatore Sini. È poi la volta della Sicilia, con Elisabetta Giannone che canta “E vui durmiti ancora”, serenata dell’attesa e della speranza, seguita da “Vitti ‘na crozza”, canzone di denuncia sociale ambientata nel duro mondo delle zolfare.

Attraversato lo Stretto, si approda in Calabria: qui la musica racconta storie di passione e folklore, con “La Tarantola”e “Calabresella mia”, interpretate da Franco. Il viaggio prosegue in Basilicata, con “I capiddi d’Angiulina”, e in Puglia con l’ironia domestica di “Lu Maritiellu”, cantata da Oscar Lando.

In Campania, Elisabetta dà voce al dolore e alla speranza di “’O surdato ‘nnammurato”, mentre Franco interpreta “Malafemmena”, immortale capolavoro di Totò dedicato alla moglie Diana Rogliani.

Si risale lungo lo stivale fino al Lazio, con “Nannì, Nannì” e “Tanto pè cantà”, quest’ultima composta da Ettore Petrolini come ironica risposta alla canzone d’autore impegnata. In Molise, Elisabetta canta “Rosabella”, mentre in Abruzzo si balla al ritmo della polka “Reginella campagnola”. In Umbria, “Le Olivare” racconta la fatica della raccolta delle olive, mentre in Toscana Franco propone “La porti un bacione a Firenze”, ode alla nostalgia di chi vive lontano dalla propria città.

Arrivati nelle Marche, Elisabetta rievoca il Saltarello, ballo di corteggiamento dalle origini antichissime. In Emilia Romagna si celebra “Romagna mia” e “Il Passatore”, quest’ultima dedicata al brigante Stefano Pelloni, figura controversa ma ormai leggendaria.

Nel Veneto, con “L’uva fogarina”, si canta la vendemmia in chiave ironica, mentre in Friuli si tocca una delle vette emotive del viaggio con “Stelutis Alpinis”, struggente canto di guerra scritto da Arturo Zardini.

In Trentino Alto Adige, il ritmo allegro della “Tirolese” mette in mostra le abilità dei ballerini e la potenza evocativa della fisarmonica. In Lombardia, Franco interpreta “O mia bela Madunina”, autentico inno alla città di Milano. La tappa ligure è affidata a “Ma se ghe penso”, brano simbolo della canzone genovese, intriso di nostalgia per la terra natia.

Si arriva in Valle d’Aosta, con Elisabetta che canta “Montagnes Valdotaines”, melodia divenuta inno ufficiale della regione e ricca di storia: le sue origini risalgono al XIX secolo e alle Tyroliennes popolari nei Pirenei.

Gran finale in Piemonte, con “Piemontesina” e “Muntagne dal me Piemunt”, canzoni che omaggiano la cultura regionale e la figura di Gipo Farassino, padre della canzone torinese e autore di testi in cui si ritrovano l’identità e la tenacia dei Bogia Nen, simbolo della resistenza piemontese sin dalla battaglia dell’Assietta del 1747.

A chiudere la serata, “Una vecchia canzone italiana”, cantata insieme al pubblico, un brano che riassume l’anima di un Paese tra bellezze naturali, poesia, agricoltura e musica, con uno sguardo anche critico all’Italia delle contraddizioni. Un popolo che canta, protesta, ricorda e spera.

Un sentito grazie ai docenti che hanno accompagnato il pubblico in questo affascinante giro d’Italia musicale. La musica popolare, come è emerso dalla serata, non è solo passatempo: è memoria viva, patrimonio culturale, identità condivisa. È ciò che ci ancora al passato e ci aiuta a guardare con speranza al futuro.