Il punto
(Gianluca Mercuri) Gli Stati Uniti hanno respinto la proposta europea di rimuovere tutti i dazi sui beni industriali, comprese le automobili, insistendo sull’idea che gli europei possono compensare le imposte aumentando gli investimenti e le esportazioni in America. Il primo round di negoziati, insomma, è finito zero a zero ma non nel senso auspicato dagli europei. Lunedì sera, Trump ha accennato alla possibilità di rinviare i dazi del 25% sulle auto per dare il tempo alle aziende di adattare le loro filiere in attesa che «vengano a produrre qui». Tanto è bastato ai titoli dei costruttori per rianimarsi in Borsa. Ma la situazione, spiega Francesco Bertolino, rimane tesa.
Intanto la Cina non dà l’idea di volersi minimamente piegare: non solo Xi Jinping non fa la telefonata che Trump si aspettava per sbloccare la situazione, ma dopo avere annunciato restrizioni all’esportazione delle terre rare (scelta che provocherà uno choc nelle catene di approvvigionamento globali, spiega Paolo Ottolina), ieri ha deciso di bloccare l’acquisto di nuovi aerei Boeing e di pezzi di ricambio da parte delle compagnie cinesi: solo per quest’anno erano previsti 130 apparecchi (il punto di Leonard Berberi).
La presidente del Consiglio Meloni sarà domani a Washington. Il giorno dopo, sarà a Roma il vicepresidente americano J.D. Vance. Saranno giorni importanti. «Sappiamo che siamo in un momento difficile, vediamo come andrà nelle prossime ore. Faremo del nostro meglio, come sempre. Sicuramente sono consapevole di quello che rappresento e di quello che sto difendendo», ha detto lei. E ancora, ottimista: «Ricordiamoci che abbiamo la forza, la capacità, l’intelligenza e la creatività per superare ogni ostacolo».
La premier sa che l’Italia è uno dei Paesi su cui il mirino di Trump tende a posarsi automaticamente, perché ha un surplus commerciale nei confronti degli Usa – 73,72 miliardi di dollari – di quelli che fanno venire l’orticaria al presidente americano. Per questo, ha detto, cercherà di spiegargli che «quando un prodotto italiano viene esportato, la gran parte della ricchezza non la produce in Italia ma dove viene esportato». A quel punto lui la guarderà perplesso, e lei gli squadernerà qualcosa di più concreto: gli investimenti in America di altissimo valore strategico dell’Eni (impianti di fusione magnetica a freddo), di Aponte (insieme al fondo BlackRock sta cercando di riportare il canale di Panama dal controllo cinese a quello americano) e Leonardo (la sua Drs, basata in New Jersey, è il punto di partenza ideale per programmi più ampi).