di
Gian Guido Vecchi

Papa Francesco si affaccia dalla Loggia di San Pietro: «Cari Fratelli e sorelle, buona Pasqua», dice a fatica. Nell’omelia (scritta da lui) si ricordano i tanti conflitti in corso nel mondo, e si lancia un appello: «No al riarmo». Poi Bergoglio scende tra i fedeli

CITTÀ DEL VATICANO – Sono passati due minuti da mezzogiorno quando Francesco si affaccia alla Loggia centrale delle Benedizioni della basilica di San Pietro per la Benedizione Urbi et Orbi. Dopo 38 giorni di ricovero al Gemelli e quasi un mese di convalescenza a Santa Marta, Francesco voleva esserci, nel giorno più importante per i cristiani. «Cari Fratelli e sorelle, buona Pasqua», dice a fatica. Alla fine, la voce roca, pronuncia a fatica la benedizione solenne in latino, che solo il Papa può dare a Pasqua: «Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus». Poi scende in piazza per salutare i fedeli. 

Per la lettura del messaggio tradizionale Urbi Et Orbi, «legge il maestro delle cerimonie legge», ha ceduto la parola all’arcivescovo Diego Ravelli: «Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile! Dal Santo Sepolcro, Chiesa della Risurrezione, dove quest’anno la Pasqua è celebrata nello stesso giorno da cattolici e ortodossi, s’irradi la luce della pace su tutta la Terra Santa e sul mondo intero». 




















































L’omelia di Pasqua di Papa Francesco

Come ogni anno, il testo ripercorre i dolori del mondo. Con una considerazione generale: «Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo. Faccio appello a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche a non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le “armi” della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte!».

Anzitutto, «sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese». Scrive Francesco: «Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria». Per questo «faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!», legge Rovelli tra gli applausi dei fedeli in piazza.

L’elenco dei dolori, al solito, è assai lungo. «Preghiamo per le comunità cristiane in Libano e in Siria che, mentre quest’ultimo Paese sperimenta un passaggio delicato della sua storia, ambiscono alla stabilità e alla partecipazione alle sorti delle rispettive Nazioni. Esorto tutta la Chiesa ad accompagnare con l’attenzione e con la preghiera i cristiani dell’amato Medio Oriente», aggiunge. E ancora, «rivolgo un pensiero speciale anche al popolo dello Yemen, che sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie “prolungate” del mondo a causa della guerra, e invito tutti a trovare soluzioni attraverso un dialogo costruttivo». Come ogni settimana dall’inizio dell’invasione russa, tre anni fa, il pontefice ricorda «la martoriata Ucraina» e prega perché «Cristo Risorto effonda il dono pasquale della pace e incoraggi tutti gli attori coinvolti a proseguire gli sforzi volti a raggiungere una pace giusta e duratura». 

Il Papa cita anche il Caucaso Meridionale, «preghiamo affinché si giunga presto alla firma e all’attuazione di un definitivo accordo di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian, che conduca alla tanto desiderata riconciliazione nella Regione», e i Balcani occidentali: «La luce della Pasqua ispiri propositi di concordia e sostenga gli attori politici nell’adoperarsi per evitare l’acuirsi di tensioni e crisi, come pure i partner della Regione nel respingere comportamenti pericolosi e destabilizzanti». Ma non basta: «Cristo Risorto, nostra speranza, conceda pace e conforto alle popolazioni africane vittime di violenze e conflitti, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan e Sud Sudan, e sostenga quanti soffrono a causa delle tensioni nel Sahel, nel Corno d’Africa e nella Regione dei Grandi Laghi, come pure i cristiani che in molti luoghi non possono professare liberamente la loro fede».

Scrive ancora Francesco: «Nessuna pace è possibile laddove non c’è libertà religiosa o dove non c’è libertà di pensiero e di parola e il rispetto delle opinioni altrui. Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo». Il Papa esorta inoltre «ad abbattere le barriere che creano divisioni e sono gravide di conseguenze politiche ed economiche» e «a prenderci cura gli uni degli altri, ad accrescere la solidarietà reciproca, ad adoperarci per favorire lo sviluppo integrale di ogni persona umana». Il pontefice pensa anche al Myanmar: «In questo tempo non manchi il nostro aiuto al popolo birmano, già tormentato da anni di conflitto armato, che affronta con coraggio e pazienza le conseguenze del devastante terremoto a Sagaing, causa di morte per migliaia di persone e motivo di sofferenza per moltissimi sopravvissuti, tra cui orfani e anziani. Preghiamo per le vittime e per i loro cari e ringraziamo di cuore tutti i generosi volontari che svolgono le attività di soccorso. L’annuncio del cessate-il-fuoco da parte di vari attori nel Paese è un segno di speranza per tutto il Myanmar».

Parla di speranza, Francesco: «Cristo è risorto! In questo annuncio è racchiuso tutto il senso della nostra esistenza, che non è fatta per la morte ma per la vita. La Pasqua è la festa della vita! Dio ci ha creati per la vita e vuole che l’umanità risorga! Ai suoi occhi ogni vita è preziosa! Quella del bambino nel grembo di sua madre, come quella dell’anziano o del malato, considerati in un numero crescente di Paesi come persone da scartare». Questo è il problema di fondo: «Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti! In questo giorno, vorrei che tornassimo a sperare e ad avere fiducia negli altri, anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari, poiché siamo tutti figli di Dio!». 

Il testo del messaggio di Francesco si conclude con un appello: «Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano. Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità. E in quest’anno giubilare, la Pasqua sia anche l’occasione propizia per liberare i prigionieri di guerra e quelli politici! Cari fratelli e sorelle, nella Pasqua del Signore, la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello, ma il Signore ora vive per sempre e ci infonde la certezza che anche noi siamo chiamati a partecipare alla vita che non conosce tramonto, in cui non si udranno più fragori di armi ed echi di morte».

20 aprile 2025 ( modifica il 20 aprile 2025 | 13:20)