Von der Leyen e Macron alla Università Sorbona di Parigi

Von der Leyen e Macron alla Università Sorbona di Parigi – ANSA

Com’era già avvenuto ai tempi della prima amministrazione Trump, torna in auge in Europa l’idea di attirare quei ricercatori internazionali che negli Usa si ritrovano in una situazione d’intimo malessere, o d’inedita precarietà, per via del nuovo corso politico americano e dei relativi tagli. Lunedì, a Parigi, il progetto è stato rispolverato e aggiornato dal presidente Emmanuel Macron, spalleggiato per l’occasione dalla “lady europea” per eccellenza, Ursula von der Leyen, a capo della Commissione. Giunta a Parigi per un’iniziativa dal titolo “Choose Europe for science”. «Non crediamo a un modello di decisione fondato sui diktat di alcuni», ha lanciato l’amo il capo dell’Eliseo alla Sorbona, davanti a un parterre in cui figuravano pure diversi ministri europei, ma rivolgendosi idealmente in primis a tutti quei ricercatori oggi «minacciati» negli Usa. Nel caso francese, Macron ha approfittato dell’occasione per promettere un investimento ad hoc in patria di 100 milioni di euro, insistendo al contempo nel suo discorso sulla necessità di battersi su scala europea e con gli strumenti dell’Unione. Il mese scorso, il governo transalpino aveva già lanciato il portale “Choose France for science” che avrebbe generato finora 30mila connessioni.

Da parte sua, la presidente della Commissione Ue ha proposto un investimento su scala europea di 500 milioni di euro nel periodo 2025-2027, come tappa intermedia in vista di «raggiungere l’obiettivo del 3% del Pil per l’investimento nella ricerca, entro il 2030». Inoltre, Ursula von der Leyen ha auspicato un potenziamento in chiave giuridica della libertà di ricerca scientifica. Pragmaticamente, secondo gli esperti, si tratta pure di un’iniziativa volta a dare una “spinta” agli atenei europei nella corsa internazionale simbolizzata dai famosi ranking accademici, a cominciare da quello controverso di Shanghai. Classifiche che tengono spesso conto delle pubblicazioni scientifiche più importanti dei ricercatori, così come dei riconoscimenti più significativi, a cominciare dai premi Nobel. Ma già in Francia, ieri, sono stati proprio alcuni dei principali sindacati della ricerca ad additare l’iniziativa, qualificandola talora come «indecente», per via delle difficoltà di finanziamento sperimentate negli ultimi anni in molte università pubbliche locali, anche a proposito dei fondi per assumere nuovi docenti o per il rinnovo dell’abbonamento alle riviste scientifiche più prestigiose. In giornata, l’iniziativa parigina è stata non poco commentata pure in Italia, fra reazioni critiche e favorevoli.

«Gli altri annunciano, l’Italia ha già fatto», ha dichiarato la ministra della Ricerca, Anna Maria Bernini, che era rappresentata alla conferenza transalpina dall’ambasciatrice a Parigi. In proposito, delle fonti ministeriali hanno sottolineato quanto il governo sia «già attivamente impegnato nel favorire non solo il rientro dei talenti italiani coinvolti in progetti di ricerca all’estero, ma anche nell’aumentare il richiamo del Paese sui ricercatori stranieri». Un lavoro che l’Italia conta di presentare al prossimo Consiglio Competitività e Ricerca, il 23 maggio a Bruxelles, visto da fonti ministeriali a Roma come «il formato istituzionale più appropriato per un confronto efficace fra Stati membri e per definire insieme, e non solo in un’ottica prevalentemente nazionale, politiche comuni concrete e lungimiranti».

Qualche malumore ha suscitato pure lo slogan «Choose France» circolato a Parigi all’inizio: «È un incontro che promuove l’attrattività dell’Europa o della Francia?», si sono chiesti sempre al dicastero italiano. L’iniziativa macroniana ha raccolto invece la reazione positiva dell’ex premier e leader di Iv Matteo Renzi: «Finalmente, l’Europa ne fa una giusta! L’idea di attrarre i talenti di tutto il mondo che vogliono lasciare l’America di Trump è molto intelligente. L’Italia dovrebbe darsi una smossa, per esempio con una legge ad hoc per il rientro dei cervelli, visto che Meloni e Giorgetti hanno indebolito quella che avevamo fatto noi».