Il furgone bianco di Marco Demontis Muschitta fila via veloce davanti a casa, troppa attenzione non è gradita. A quasi vent’anni dalla morte di Chiara Poggi molti, come lui, vorrebbero accelerare davanti alle domande spiacevoli e alla rinnovata notorietà. Andrea Sempio, l’amico di Marco Poggi, archiviato e ora ancora indagato per omicidio, gli amici che ai tempi giocavano alla playstation nella villetta di via Pascoli, Paola e Stefania Cappa, cugine di Chiara, i testimoni come Muschitta. Tutti finiti di nuovo nella centrifuga e l’unico che pare sollevato – «Mi sono tolto un peso», assicura – è il supertestimone ancora senza un nome che si è fatto avanti solo ora riferendo di un oggetto di metallo gettato nel canale dopo il delitto «con un tonfo fortissimo».

Gemelle Cappa: superteste, ricerche nel canale e celle telefoniche: perché tornano nell’inchiesta. Test sul martello ritrovato

Le «gemelle K», quando avvenne l’omicidio, avevano 23 anni. Pioniere del photoshop, appendono al cancello della casa una foto di loro due sorridenti insieme a Chiara, a una fantomatica festa mai esistita perché lo scatto è un fotomontaggio. Paola Cappa studiava alla Iulm, sognava un futuro nel giornalismo e ora è food blogger, Stefania frequentava Giurisprudenza, oggi è avvocato, spostata dal 2017 con Emanuele Arioldi e mamma di un bambino. Lei e Sempio non si conoscono, mentre il suo rapporto con Stasi risale ai «tempi del liceo» ma resta solo superficiale: «Non ci sono mai state circostanze di incontri comuni neanche in occasioni formali come quella della sua laurea. In tutto ho incontrato Stasi poche volte, anche in compagnia di Chiara è accaduto di rado». Si rivedranno il 17 agosto 2007, restano insieme in una stanza in attesa di essere ascoltati dai carabinieri, si abbracciano stretti. «Io gli ho chiesto se sapeva se Chiara avesse degli spasimanti che avesse respinto e lui mi ha risposto: “Assolutamente no”», racconta agli investigatori. «Gli ho anche chiesto di raccontarmi cosa fosse successo la mattina del 13 agosto. Comunque mi sembrava strano che avendo avuto l’impeto di entrare in casa non si fosse poi avvicinato a Chiara. Lui non mi ha risposto dicendo che era sotto shock, poi si è messo a piangere e ha aggiunto che aveva paura che nessuno studio di commercialista l’avrebbe più preso a lavorare».

  LA COMITIVA

Le gemelle Cappa sono state riascoltate dalla Procura di Pavia, così come altri componenti della famiglia, per confrontare le loro dichiarazioni con quelle raccolte nelle precedenti indagini. E altrettanto hanno fatto con la compagnia di Marco Poggi. «Altri amici in comune si portavano con la bicicletta presso l’abitazione di via Pascoli e precisamente Andrea Sempio, Mattia Capra e Roberto Freddi. Era questa la nostra comitiva», la deposizione fornita nel 2008 da un altro ragazzo, che poi ha preso i voti ed è diventato frate. Roberto e Mattia sono stati ascoltati a ottobre di 17 anni fa, poco più che maggiorenni, frequentavano casa Poggi soprattutto nei fine settimana per giocare al computer con Marco e Sempio nella stanza di Chiara. «Con lei ho soltanto scambiato qualche parola quando aspettavo suo fratello», riferisce Capra. «La conoscevo ma non avevo rapporti, data la differenza di età», puntualizza Freddi.

Come risulta dagli atti di quel periodo, Roberto arrivava con una bicicletta da donna della madre, mentre Mattia, che giocava con Marco nel Garlasco calcio, in sella a una mountain bike. Entrambi hanno precisato davanti agli inquirenti di non essersi mossi dal paese la mattina dell’omicidio, durante la quale ci sono stati svariati contatti telefonici con Sempio, chiamate e sms tra le 9.58 e le 12.18. In tutti i casi le celle agganciate dimostrano «la presenza di entrambi gli interlocutori in Garlasco», riporta il consulente della famiglia Poggi. Nel 2009 la difesa di Stasi tentò di smontare l’alibi delle Cappa, legato alle testimonianze dei genitori, ma l’iniziativa non ebbe successo. Seguirono denunce e annunci di querele poi lentamente loro, come tutti gli altri, scivolarono nell’anonimato. Fino a oggi.

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