di
Matteo Castagnoli e Pierpaolo Lio

Il ragazzo, alle 3.30 di notte, è finito contro il palo di un semaforo. Abitava al Corvetto e frequentava il 19enne egiziano morto a novembre al termine di un lungo inseguimento

Il Tmax nero ha il muso accartocciato. Sull’asfalto di via Cassano d’Adda, all’incrocio con via Marco D’Agrate, ci sono i fanali, liquidi persi dallo scooterone nello schianto contro un semaforo e alcuni detriti. Sull’isolotto spartitraffico, sotto al palo, le sagome di un casco e di uno smanicato nero sono proiettate a terra dai segni del gesso tracciati dagli agenti della polizia locale. Mahmoud Mohamed, 20 anni, nato in Libia, non si muove. È già in arresto cardiaco. L’impatto contro il semaforo è stato violentissimo. Viene portato in condizioni disperate al pronto soccorso dell’Humanitas di Rozzano dove morirà poche ore dopo l’incidente, all’alba di mercoledì.

La scena è ripresa dalle telecamere di un negozio che s’affaccia proprio sull’incrocio. La sequenza è nitida e non lascia dubbi. Mahmoud tocca il cordolo che costeggia la strada. Poi si intravedono i primi pezzi del Tmax volare, le scintille sull’asfalto nel buio e il 20enne che piomba dritto contro il palo del semaforo. Passano dieci secondi, e una volante della polizia compare nell’inquadratura. Sono quasi le 3.30 della notte tra martedì e mercoledì. I lampeggianti sono spenti e vengono accesi solo quando l’auto si stoppa.



















































Nessun inseguimento, quindi. Gli agenti si fermano sulle strisce pedonali all’incrocio con via Marco D’Agrate e scendono di corsa. Arriva la polizia locale per i rilievi e i sanitari del 118 che portano il 20enne d’urgenza in ospedale, dove morirà alle 5.30. Neanche un minuto prima dello schianto, giusto il tempo di percorrere poco più di 600 metri, Mahmoud aveva incrociato quella stessa pattuglia in viale Ortles. Lui in direzione di piazza Bonomelli, i poliziotti in senso contrario di marcia. Quando li vede, accelera e fugge. Forse per paura di essere controllato. Non ha la patente, e già il 7 marzo era stato sanzionato per la stessa violazione. Quel Tmax, inoltre, non è suo, ma di un amico, e il motore era stato rubato e «trapiantato» su quel telaio. 

Così il 20enne sgasa e svolta a destra, imboccando via Casano d’Adda. La volante fa inversione, poche decine di secondi, e gli agenti sentono un botto non lontano. Girano anche loro verso l’incrocio con via Marco D’Agrate, tra il quartiere Vigentino e Corvetto, a sud della città, e vedono lo scooterone sdraiato a terra mentre il ragazzo è fermo contro il palo dopo aver perso il controllo del mezzo ad alta velocità.

Per permettere gli accertamenti tecnici, tra cui l’autopsia, la pm Giorgia Villa aprirà un fascicolo con l’accusa di omicidio colposo contro ignoti. Sempre per ulteriori verifiche, è stato disposto il sequestro del Tmax e della Volante, su cui da una prima ispezione non sembrerebbero esserci segni che possano far pensare a un contatto, confermando così la caduta accidentale del ragazzo.

Per alcuni aspetti l’episodio può ricordare l’incidente in cui a novembre era morto il 19enne egiziano Ramy Elgaml. A bordo sempre di un Tmax, guidato dall’amico Fares Bouzidi, non avevano rispettato l’alt dei carabinieri fuggendo per otto chilometri tra le vie della città, schiantandosi ancora una volta contro un palo, in via Ripamonti, angolo con via Quaranta, tre parallele più a ovest rispetto al punto in cui è morto Mahmoud. All’epoca tra i militari e i due ragazzi c’era stato però un lungo inseguimento a sirene spiegate. Le perizie disposte dalla Procura non hanno evidenziato contatti iniziali tra l’autoradio e lo scooter. 

Sia Ramy che il 20enne morto l’altra sera vivevano al Corvetto. Il primo in via Mompiani, il secondo in via Pomposa. Cinque minuti a piedi l’uno dall’altro. Anche se Mahmoud risultava residente a Brembate (Bergamo). Il giovane era regolare in Italia e aveva precedenti per droga. È possibile che la notte del tragico incidente stesse rientrando a casa. L’amico a cui è intestato il Tmax è un altro abitante del Corvetto, in una delle palazzine vicino a quella di Ramy. E proprio di Ramy era amico, tanto che sui social si ritraevano in foto scattate insieme e nel giardino interno di casa del 19enne. Mercoledì sera altri amici l’hanno ricordato distribuendo foto e the.

I parenti, nella mattinata di mercoledì, si sono presentati all’Humanitas. All’esterno è stato disposto un presidio della polizia. Familiari e conoscenti, una ventina di persone, sono stati fatti entrare un po’ alla volta. Il pronto soccorso è sempre rimasto aperto e non si sono registrati particolari momenti di tensione. Poi, quasi in corteo, si sono spostati verso l’obitorio di piazzale Gorini. Un amico della vittima è passato a lasciare dei fiori al semaforo: «Un ragazzo bravissimo, molto generoso. Forse non ha visto il marciapiede. Non ci credo che scappava dalla polizia». 

21 maggio 2025 ( modifica il 22 maggio 2025 | 09:37)