Stavolta, di fronte a Tajani che informava il Parlamento nelle commissioni Esteri e Difesa, il formato delle situazioni urgenti, anche le opposizioni si sono limitate al minimo sindacale, mostrando il senso di responsabilità indispensabile nei momenti davvero gravi. Ad eccezione di Salvini, traspare negli altri la consapevolezza che in un certo senso sia obbligata la solidarietà con Israele, per un blitz del quale si è capito che, se Trump è stato informato all’ultimo, e non è affatto detto, gli effetti riguardano un po’ tutti. E poi è vero: se l’Italia non è compresa nel livello abituale di consultazioni sull’Iran, Meloni è riuscita in poche ore, con una serie di telefonate a Francia, Germania e alla Casa Bianca, a ottenere un quadro chiaro di ciò che stava avvenendo e a incrociare nel “gabinetto di crisi” le sue informazioni con i ministri direttamente interessati, ottenendo ad esempio dal responsabile dell’Interno Piantedosi le rassicurazioni necessarie sui connazionali italiani che si trovano per lavoro in Iran, in modo da poterle fornire ai familiari.

Ecco perché il tono e i contenuti dell’intervento del ministro degli Esteri sono stati prudenti, misurati, ma limitati a spiegare quel che era accaduto tra giovedì e venerdì. Nessuno infatti è in grado di valutare quali siano le vere intenzioni di Netanyahu. Da un minimo a un massimo: il leader israeliano potrebbe aver agito sulla base di informazioni che consigliavano di non rinviare l’azione, dato che gli iraniani si erano ormai avvicinati troppo all’obiettivo di realizzare l’atomica. Potrebbe averlo fatto anche per creare un diversivo, legato alla pressione internazionale ormai difficilmente sostenibile pure per lui sull’intervento a Gaza. Oppure sarebbe vicino a un risultato che nessuno poteva ancora dire, ieri, se si fosse prefisso fin da quando ha dato l’ordine di far scattare il piano: e cioè la caduta del regime degli ayatollah che da tempo aveva messo nel mirino e considerava il vero responsabile dell’agguato terroristico del 7 ottobre di due anni fa. Non ci vorrà molto per capire se questo accadrà: anche se le conseguenze di un’escalation del genere potrebbero essere davvero imprevedibili. E investire in pieno il G7 che si apre oggi in Canada e aveva tutta un’altra agenda da affrontare.