Le statistiche vanno maneggiate con cura. Quando si attribuisce un valore generale a casi specifici, si rischia di collaborare alla rappresentazione di un’Italia in grave declino, magari facendo un torto a iniziative specifiche e meritorie se presentate nella loro effettiva dimensione.
Nei giorni scorsi, chattando su vari siti, mi sono imbattuto in un titolo che mi ha procurato un salto sulla sedia, dove ero accomodato: «Povertà in crescita in Italia: +trentadue per cento di famiglie in difficoltà e +undici per cento di minori bisognosi». Seguiva un sottotitolo altrettanto allarmante: «La nuova povertà italiana ha il volto di mamme sole, lavoratori precari e famiglie che, pur avendo una casa, non riescono più a comprare il necessario per vivere».
Ho temuto subito che mi fosse sfuggito qualche dato importante, perché non ricordavo di aver letto, nelle statistiche ufficiali, percentuali tanto elevate, per di più con un chiaro ancorché indiretto riferimento alla povertà assoluta. Sappiamo infatti che questo è l’indicatore più valido per misurare gli standard di indigenza, perché si basa sui consumi, mentre quello riguardante la povertà relativa misura le differenze, per cui il dato peggiora quando l’economia migliora e la società si sgrana in avanti.
Mi sono precipitato a leggere il testo e ho scoperto che l’analisi riguardava la meritoria attività di assistenza svolta da una parrocchia bolognese dedicata a Sant’Antonio, nota per l’istituzione dell’Antoniano, dove, oltre alla presenza di un Piccolo Coro, tutti gli anni viene organizzata da tempo immemorabile una manifestazione canora per bambini: lo Zecchino d’Oro.
Quella parrocchia dei frati francescani dispone, dal 1954, di una mensa che ha distribuito in settant’anni oltre tre milioni di pasti. Nel 2024, con l’aiuto di volontari, ha provveduto a distribuire ottantaquattromilaottocentodiciassette pasti, registrando un aumento del 14,3 per cento rispetto al 2023. I beneficiari sono stati duemilaseicentocinquantanove, contro i duemilaquattrocentottantatré dell’anno precedente. Nel primo trimestre del 2025, le famiglie aiutate sono già state centodiciotto, mentre in tutto il 2024 l’Antoniano ha sostenuto ottantatré famiglie monogenitoriali, per lo più mamme sole con figli.
Sono donne che, dopo una separazione, un lutto o un’esperienza migratoria difficile, si ritrovano a gestire da sole ogni aspetto della vita familiare: dal lavoro al mantenimento, dalla cura dei figli alle spese quotidiane. I dati del primo trimestre 2025 confermano questa tendenza: sono già centoquattro le madri, quarantanove i padri e duecento i minori supportati dall’Antoniano in soli tre mesi.
Le storie sono diverse – dicono all’Antoniano – ma hanno elementi comuni: lavori precari, stipendi troppo bassi, impossibilità di pagare le spese scolastiche o sanitarie, difficoltà nel trovare casa, ostacoli burocratici per le famiglie straniere. A tutto questo si aggiunge un bisogno crescente di supporto emotivo ed educativo.
Se gli stranieri sono la maggioranza degli assistiti, è significativo anche il numero degli italiani. Oltre al cibo, sono state distribuite anche ventisettemilacinquecentottantotto ceste alimentari a seimilacinquecentoventi persone, sostenendo milletrecentosette famiglie nel 2024, per un totale di millasettecentosessantuno bambini. La richiesta di aiuto alimentare coinvolge ormai fasce sempre più ampie della popolazione.
«La povertà oggi non può essere considerata un’emergenza temporanea, ma è sempre più una condizione strutturale che colpisce un numero sempre crescente di persone, spesso anche tra chi fino a poco tempo fa si sentiva al sicuro», spiega Fra Giampaolo Cavalli, direttore dell’Antoniano.
«Davanti a questa realtà serve una risposta collettiva, continuativa e condivisa. Di fronte alla fragilità, è necessario unire le forze, tra persone, istituzioni e comunità, per costruire una società solidale e giusta: questo è possibile solo quando ognuno offre il suo contributo».
L’Antoniano opera attraverso una rete capillare: venti mense in Italia, più una in Siria, tre in Ucraina e una in Romania. Circa il cinquanta per cento degli alimenti utilizzati proviene dal recupero di eccedenze tramite il Banco Alimentare dell’Emilia-Romagna, la grande distribuzione e aziende partner, in un’ottica di sostenibilità ambientale.
La struttura comprende anche un Centro Terapeutico, aperto negli anni Ottanta, dove, attraverso un approccio multidisciplinare, vengono accompagnati bambini con diverse fragilità per favorire il loro sviluppo fisico e cognitivo.
L’aspetto da sottolineare è che si parla di Bologna, la città in cui il reddito complessivo medio per contribuente è superiore del nove per cento rispetto alla media regionale e del 18,9 per cento rispetto a quella nazionale. I tassi di occupazione, anche femminile, sono a livello scandinavo. Tuttavia, i dati dell’Antoniano dimostrano che anche nel contesto di una società opulenta (il cardinale Giacomo Biffi la definì «sazia e disperata») esistono nicchie di emarginazione che neppure un esteso sistema di sicurezza sociale pubblico è in grado di intercettare e che vengono affidate alla supplenza di presìdi e interventi caritatevoli.
A livello nazionale, attraverso l’iniziativa “Operazione Pane”, che coordina una rete di mense in tutta Italia, sono stati garantiti nel 2024 seicentoventiquattromiladuecentottantotto pasti caldi, con un incremento del ventiquattro per cento rispetto al 2023.
Il nuovo welfare deve tener conto di questi aspetti e assumere una funzione inclusiva piuttosto che risarcitoria, secondo uno spettro di carattere generale, come se a tutti i bisogni potessero provvedere standard uniformi riferiti a un modello sociale ormai superato.