Fra 18 mesi la risonanza di controllo confermerà o meno l’avvenuta guarigione dal tumore. Nell’ipotesi peggiore il trattamento potrà essere ripetuto. Il tumore era stato scoperto durante una risonanza con mezzo di contrasto, eseguita durante le cure per un’altra patologia di cui soffriva la piccola Jenny. Il costoso intervento, il viaggio e tutte le spese sono state coperte da una raccolta fondi avviata all’insaputa di mamma Teresa. A promuoverla è stata l’insegnante di danza della bambina. Una storia di coraggio, solidarietà e speranza, che ricorda quella di Angela Bianco, anche lei cilentana, operata ad Atene nel 2013 con la stessa tecnica per salvaguardare il feto che portava in grembo.

La piccola Jenny con la mamma Teresa
Quando è stato scoperto il tumore, Teresa?
“Il tumore è stato scoperto il 4 aprile, durante una risonanza con contrasto che Jenny ha fatto per la Mav (Malformazione arterovenosa), una malattia della quale soffriva, e da cui è guarita dopo 4 interventi”.
Come mai non si è intervenuti in Italia per trattare il tumore?
“In Italia vige il divieto sanitario di trattare con la Cyberknife i bambini con tumore. Il nostro neurochirurgo, Pantaleo Romanelli, ha provato sia a Bari che a Milano, ma siamo stati respinti. La nostra è la stessa storia di Angela Bianco (mamma cilentana volata ad Atene nel 2013 per un intervento con Cyberknife, trattamento che venne scelto per non danneggiare il feto, ndr). Alla fine si è optato per il ’Renaissance Institute’ di Winter Park. Non so perché in Italia solo gli adulti possano essere trattati con questa tecnica”.
Quando hai detto a sua figlia Jenny cosa aveva?
“A fine maggio. Mi vedeva piangere e io le ho sempre detto tutto, anche se questa notizia era troppo dura e non è stato facile. Due anni fa abbiamo perso un bimbo che spesso era a casa nostra, per cui lei già sa la parola ‘tumore’ a cosa si può associare. Le ho detto che avevamo il medico migliore del mondo e che però dovevamo fare un lungo viaggio per guarire. Lei con un pianto mi ha abbracciato forte e mi ha detto ‘grazie’”.
Un viaggio costoso, come il trattamento. Come l’ha affrontato?
“Io ho 5 figli e mi sono sempre data da fare, lavorando tanto. Ma un prestito mi è stato negato e quindi ero davvero in difficoltà. Poi è partita una raccolta fondi a mia insaputa, dall’insegnante di danza di Jenny. È stato indimenticabile. Le persone buone esistono”.
Fra queste, anche un medico a Orlando.

Jenny con il chirurgo che l’ha operata
“Sì, un medico benefattore ha regalato a Jenny il giorno più bello della sua vita, pagandole una giornata al parco giochi ‘Walt Disney World’ di Orlando, il trasferimento, l’ingresso vip. Non avrei mai potuto permettermelo”.
Qual è stato il momento più emozionante di tutta questa terribile vicenda?
“Quando ho visto mia figlia scendere con le proprie gambe dal macchinario, dopo il trattamento, ho provato una gioia infinita. Quello è stato il momento più bello della mia vita”.
Si può cantare vittoria o è ancora presto?
“No, i medici ci hanno detto che la convalescenza durerà 18 mesi. Se fra 6 mesi, quando faremo la risonanza di controllo, troveremo solo la cicatrice, bene, altrimenti occorrerà una cura di cortisone per togliere l’edema cerebrale che potrebbe formarsi. Poi dopo un anno si farà un’altra risonanza. Se non ci saranno residui tumorali, allora potremo davvero dire di esserne usciti. In ogni caso, ci hanno detto che si potrà eventualmente trattare di nuovo con un’altra sessione da 7 minuti”.
Se è vero, come diceva John Donne, che nessun uomo è un’isola e non bisogna dunque chiedersi per chi suona la campana, quando Jenny ha suonato quella del reparto, che saluta chi termina un trattamento in oncologia, quella campana ha suonato anche per tutti noi.