
Ondata di polemiche dopo la sfilata di una tredicenne in un concorso collegato a Miss Italia, nato per essere riservato alle 17enni in vista dell’accesso, da maggiorenni, alla kermesse nazionale.
Il video della ragazza in bikini e tacchi è diventato rapidamente virale sui social, rilanciato da Selvaggia Lucarelli che, sulla newsletter “Vale tutto”, ha condannato la “sessualizzazione” della minorenne e ricostruito i passaggi dell’evento in Campania. Sul palco, la giovanissima si presenta con sicurezza: “Ho 13 anni e gareggio come mascotte… vorrei fare la modella e già da oggi i social mi danno una spinta in più per credere a me stessa”, parole finite al centro del dibattito online e mediatico.
Decisiva la reazione della patron Patrizia Mirigliani, che ha disposto la revoca immediata dell’incarico all’esclusivista regionale per la Campania, ritenuto responsabile di aver ignorato il regolamento. Nella nota ufficiale si legge che l’organizzatore “ha consentito… la sfilata, come ‘Mascotte’, a una ragazza di 13 anni, trasgredendo il regolamento”, ricordando che la figura di Mascotte, “introdotta molti anni fa, è limitata alle 17enni”, mentre il Concorso vero e proprio è destinato a candidate tra 18 e 30 anni. Mirigliani si dice “molto dispiaciuta” e definisce “incredibile l’errore compiuto dal nostro collaboratore”, sottolineando di aver alzato l’età minima a 18 anni proprio per evitare la presenza di minorenni, regola “a maggior ragione” vincolante per le Mascotte.
Media, modelli e responsabilità collettiva
Al dibattito interviene il sociologo e psichiatra Paolo Crepet, che rilegge il caso alla luce del rapporto tra società, media e minori. “Non scandalizzarti per la miss”, afferma a Il Giornale, collegando la discussione all’immaginario culturale contemporaneo e alle narrazioni che coinvolgono i giovanissimi.
Crepet punta il dito contro l’esaltazione mediatica di prodotti culturali che, a suo dire, normalizzano scenari estremi tra i minori: “Qualche mese fa è stata celebrata ed esaltata una serie il cui attore principale era un killer di 13 anni che aveva ammazzato una bambina di 13 anni. Tutti hanno detto: ‘Che bello, che bello, che bello’”. Da qui la critica a una cultura che, se compiace la trasgressione, non può “scandalizzarsi per la miss”. Il ragionamento si allarga alla storia: “Possiamo benissimo celebrare quella ragazza di 13 anni come nel ’500 si celebrava l’Infanta che diventava principessa e regina. Non c’è niente di nuovo”. Per Crepet, “non la chiamo civiltà” e manca il “rispetto per i bambini e i ragazzi”: “Infanzia e adolescenza sono diventate età dopate”.