Nessuno osi chiedere le dimissioni di Orazio Schillaci; andrebbe contro l’ossessione della premier, Giorgia Meloni, di evitare a ogni costo un rimpasto di governo. Ma a desiderare un passo indietro del ministro della salute sarebbero in molti, tra Lega e Fratelli d’Italia, anche se non possono dirlo ad alta voce. Tranne la stampa filo-governativa, che alimenta così l’imbarazzo già alle stelle nel centrodestra.

La causa è nota: il ministro ha firmato e poi ritirato la nomina di 22 componenti del Nitag, il gruppo tecnico consultivo sulle vaccinazioni, poiché nel gruppo c’erano due medici scettici sui vaccini: Paolo Bellavite e Eugenio Serravalle, noti per alcune dichiarazioni dubbiose sull’efficacia dei sieri anti-covid. Una figuraccia che aveva spinto oltre 27mila dottori e sanitari a sottoscrivere un appello per chiedere la rimozione dei due scienziati, costringendo Schillaci a prendere le distanze. Da figura tecnica, il ministro ha potuto scaricare il barile sulla sua segreteria politica che ha scelto quei due nomi (su suggerimento di Fdi). La presa di posizione di Schillaci ha irritato ancora di più Meloni. Il decreto di revoca è stato firmato in piena pausa estiva, si vocifera che sia stato il Quirinale a insistere con Schillaci per rimediare subito quando i meloniani avevano dettato la linea: se ne parla a settembre.

Che il centrodestra sia molto diviso sul tema, lo dimostrano le reazioni nervose e grottesche delle ultime ore. Forza Italia con Tajani e Gasparri ribadisce la sua ferma distanza dai movimenti no vax e la fedeltà all’obbligo vaccinale, idem Lupi con Noi moderati. I meloniani sono spaccati. «Fratelli d’Italia è sempre stata per i vaccini e per la scienza», ha detto il deputato Rampelli per mostrare una posizione responsabile del partito e negare l’ipotesi di un «commissariamento» di Schillaci, ma dietro le dichiarazioni ufficiali scalpitano le fronde interne antivacciniste, le stesse che avrebbero cercato di far nominare Bellavite e Serravalle. D’altronde prima di Ferragosto erano stati in diversi a difendere i due medici, tra cui la capogruppo della commissione Covid, Alice Buonguerrieri. Ad approfittarne è la Lega, anche in chiave regionali. Con Salvini sempre più isolato e in picchiata di consensi, il Carroccio sfrutta l’occasione per confermare la sua vicinanza alle tesi antivacciniste.

Il senatore Borghi smentisce l’accusa di avere riesumato la sua proposta per eliminare l’obbligo vaccinale, presentata senza successo lo scorso anno per eliminare la norma approvata nel 2017 dal governo Gentiloni. Ma nel farlo ricorda di rappresentare «l’unico partito a votare contro l’obbligo» e di avere «preso un impegno con moltissime associazioni che si battono per la libertà di scelta», stuzzicando «gli amici alleati di Fratelli d’Italia a prendere in mano il tema». Insorgono le opposizioni: per Malavasi (Pd), il Carroccio «strizza l’occhio alle frange no vax e mette a rischio la salute collettiva».