Firenze, 24 agosto 2025 – “Il lessico del populismo è ormai entrato anche nei rapporti internazionali. Salvini non è l’unico caso”. È l’analisi di Yves Mény, francese, già presidente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e presidente emerito dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze.

Professor Mény, Macron poteva lasciar correre?

“Credo che Macron si sia un po’ stufato degli attacchi personali. È significativo che, per la prima volta, abbia fatto indagare su un’influencer americana che aveva diffuso la falsa notizia secondo cui sua moglie era un uomo”.

Salvini lo conosciamo, spesso dichiara sopra le righe.

“Premetto che le relazioni di Macron con il presidente Mattarella sono eccellenti e non si può estendere il caso personale di Salvini a tutta l’Italia. Diciamo che l’ultima uscita del leader leghista illustra però un cambiamento nel linguaggio dei populisti anche sul piano internazionale. Un tempo la diplomazia era cauta, si interpretavano le sfumature delle dichiarazioni, c’era una grande attenzione a non offendere anche i Paesi ‘nemici’. Salvini rompe questa tradizione: utilizza un linguaggio da tribuno, non da ministro. Ma è in buona compagnia, lo hanno fatto Erdoğan, Trump, o Nigel Farage che, quando era deputato europeo, usava parole di disprezzo verso il presidente della Commissione Juncker. Macron può essere brutale nella condanna di scelte politiche – come nel caso di Netanyahu – ma non ricorre a insulti individuali”.

Anche rapporti fra Macron e Meloni non sono facili.

“Al di là dei rapporti personali, ci sono differenze politiche sostanziali fra i due. Sull’Europa per esempio: Macron è a favore di un rafforzamento dell’Unione, mentre Meloni ha già fatto un notevole compromesso sostenendo von der Leyen. Il secondo settore riguarda gli Stati Uniti. La Francia non ha mai messo in discussione l’alleanza atlantica, ma non esita a criticare Washington. L’Italia ha sempre preferito un profilo basso, evitando qualsiasi frizione anche quando gli interessi italiani non sono stati tutelati, come nel caso dei dazi sull’agroalimentare”.

La possibilità di inviare militari in Ucraina è considerata problematica in Francia?

“Ovviamente, se e quando si deciderà di mandare delle truppe, è probabile che emergano critiche. Le più forti dovrebbero arrivare da La France Insoumise, il partito di Mélenchon. Anche il Rassemblement National potrebbe esprimere qualche contrarietà, ma Marine Le Pen vuole mostrarsi una leader affidabile, capace di prendere decisioni difficili. Non va dimenticato che la Francia non ha mai smesso di svolgere operazioni militari all’estero, una tradizione che facilita un impegno”.

Forse c’è bisogno di relazioni più costanti fra Francia e Italia?

“I rapporti politici fra Francia e Germania sono molto stretti, pur con divergenze e tensioni periodiche. La differenza è che i conflitti non venono mai resi pubblici e risolti dalle diplomazione. Nei rapporti fra Francia e Italia, invece, assistiamo a queste periodiche crisi di dichirazioni. Il paradosso è che sul piano economico le relazioni fra Italia e Francia sono persino più strette di quelle franco-tedesche”.