di
Paola Pollo
Prima una polmonite, quindi il ritorno dei problemi al fegato. Martedì è riuscito ancora a sorridere pensando ai preparativi dello show per i 50 anni di carriera. Sabato e domenica la camera ardente a Milano
Tutto tace in via Borgonuovo, sembra che la città abbia deciso di rispettare le ultime volontà di Giorgio Armani: che ci sia silenzio. Al numero 21, dove lo stilista viveva insieme a Leo Dell’Orco, c’è una guardia che staziona e non c’è bisogno di altro. C’è solo un via vai mesto di giovani uomini e giovani donne, vestiti di scuro, che escono dai civici di fronte, dove ci sono alcuni uffici: qualcuno indossa con orgoglio la t-shirt aziendale. Occhiali scuri e visi contratti e passi veloci. Il desiderio espresso è che nessuno parli sino a dopo il funerale: tutti, compresi i passanti, per magia lo rispettano.
C’è una signora commossa, stretta in un grembiule-divisa: lavora lì e piange. Armani l’aveva aiutata con il mutuo e con il ricongiungimento con il marito dall’India. È un racconto colto mesi fa. Non è l’unica storia a lieto fine in azienda. Lui si occupava dei problemi di tutti i suoi dipendenti. Certo, era esigente e intransigente («le sue sgridate ci mancheranno», si confidano fra di loro camminando), ma di un’umanità infinita.
Arrivano mazzi e mazzi di fiori. Vengono dirottati al teatro di via Bergognone. È lì che alle nove di questa mattina verrà aperta la camera ardente. Il feretro arriverà puntuale. La bara chiusa. Come ha disposto lui. Mai avrebbe accettato di mostrarsi al pubblico senza la sua autorizzazione. Già. Le complicanze degli ultimi mesi ne avevano provato il fisico, era dimagrito parecchio, e lui non avrebbe mai approvato di mostrarsi non in forma: non c’è mai stata foto sua che non fosse «visionata» da lui. A portarselo via è stata un’insufficienza epatica fulminante che è diventata sempre più difficile da controllare su di un fisico provato dopo la broncopolmonite virale che lo aveva costretto, in giugno, prima a un ricovero alla Madonnina di Milano e poi a una convalescenza forzata a casa. Per questo, sia alle sfilate di Milano sia all’alta moda di Parigi, aveva dovuto — per la prima volta nella sua carriera — segnare l’assenza. Senza, ovviamente, mollare mai, seguendo da remoto ogni più piccolo dettaglio di entrambi gli show grazie all’aiuto del suo storico assistente, Paul Lucchesi collegato con il cellulare. E persino telefonando a Dell’Orco, ancora a sfilate in corso, per complimentarsi e/o indispettirsi, salvo chiudere con un «bravi» che ha stampato sorrisi soddisfatti sul volto di tutti. Era fatto così, Giorgio Armani.
E sono in tanti oggi a pensare che questa sua uscita di scena «improvvisa» l’abbia, quasi quasi, ancora una volta, decisa lui, dopo aver «sistemato» tutto: dall’acquisizione della Capannina alla messa a punto degli abiti della sfilata per i 50 anni della sua moda, in calendario il 28 settembre a Milano, nel cortile di Palazzo Brera, insieme a una mostra fotografica. Evento che si farà, non c’è nessuno che lo metta in dubbio, con show e grandi ospiti da tutto il mondo che già avevano confermato e che ora non mancheranno per nulla al mondo: cinquecento persone, attori e attrici, colleghi stilisti, amici e giornalisti. Sarà il saluto della moda che lui avrebbe voluto. E ci piace l’idea quindi che sia stata una sua scelta uscire di scena così, sorprendendo, perché sapeva che non avrebbe potuto comunque esserci e le giustificazioni a lui non sono mai piaciute.
Un’escalation di giorni buoni e no. Dopo la convalescenza di giugno si era ripreso: era riuscito anche a salutare i suoi più stretti collaboratori nella grande sala riunioni sotto al suo appartamento, dando le ultime disposizioni prima delle vacanze. A tutti aveva dato l’idea di essere in ripresa: d’altronde solo un mese prima era voluto andare alla presentazione delle divise di EA7 della nazionale italiana per le Olimpiadi di Cortina e la sera aveva accettato di andare a cena al Baretto insieme a Dell’Orco e a Giovanni Malagò. Anche qui, stupendo, perché per lui esistevano solo casa e Nobu.
E poi il giorno del suo compleanno, l’11 luglio, aveva festeggiato con una piccola festa in famiglia e poi aveva persino «covato» la speranza di trascorrere agosto nella sua casa di Forte dei Marmi e forse di poter fare una piccola crociera a Saint-Tropez con la sua barca. Ma nei giorni a seguire sono cominciate le complicazioni al fegato, che già quindici anni fa lo avevano messo in difficoltà con una brutta patologia dalla quale era uscito consapevole di dover sempre stare attento all’alimentazione e alla cura: non sgarrava mai. Per questo, pasti frugali, regolari e assolutamente niente vini. I dolci, controllati, come unico sgarro che si concedeva.
Ha così cominciato a perdere peso, ma non la tenacia. Nei giorni buoni di agosto si collegava con i suoi per essere aggiornato su tutto: dalle trattative in corso per la Capannina, alla messa a punto dei look, dallo stato di salute delle sue meravigliose palme di Pantelleria al soggiorno degli ospiti nelle case che aveva messo a disposizione.
A Milano era rimasto con Leo Dell’Orco e la famiglia: la sorella Rosanna e suo figlio Andrea Camerana, Roberta e Silvana Armani, le nipoti adorate figlie di Sergio, il fratello maggiore morto tanti anni fa. Sono stati giorni intensi, quelli trascorsi nel meraviglioso appartamento di Borgonuovo, di grande complicità e discrezione fra tutti gli affetti dello stilista. Non lo hanno mai lasciato un solo istante. Sui tre piani a disposizione e il grande terrazzo hanno trascorso ore di emozioni, fra la gioia di piccole riprese e la preoccupazione per le ricadute. Ma mai e poi mai senza la speranza che anche questa volta ce l’avrebbe fatta. Lunedì scorso le condizioni sono peggiorate, e le altre persone più vicine sono rientrate. Pochissime le visite, ma mai senza un cenno e un saluto dalla camera dove Armani ha trascorso gli ultimi giorni. Martedì aveva anche voluto vedere ancora qualche immagine dello show, approvando e sorridendo. Giovedì la situazione è improvvisamente peggiorata su un fisico debilitato. Con lui c’era chi doveva esserci. E se n’è andato.
Oggi e domani le persone potranno salutarlo, dalle 9 in poi e per tutto il giorno, sino alle 18, nel teatro di via Bergognone, il luogo della sua moda. Potrà accedere chiunque. Un ingresso prioritario sarà riservato ai dipendenti: proprio in quel luogo un anno fa per i 90 anni in 1.900 si erano nascosti al buio per festeggiarlo a sorpresa. Oggi quel ricordo li accompagnerà. Per la gente comune ci sarà un ingresso a parte, attraverso il passaggio pedonale al numero 59 con uscita in via Bugatti. E questo sarà l’omaggio della città che lui tanto amava.
Lunedì, nel primo pomeriggio, i funerali. In forma strettamente privata: una ventina di persone. Il luogo della cerimonia è segreto. Potrebbe anche essere a Broni, nella meravigliosa casa, Villa Rosa, una sorta di oasi naturale con alberi secolari e ottanta specie di animali, nell’Oltrepò Pavese, dove vive la sorella Rosanna, a una trentina di chilometri da Piacenza, la città natale di Armani. Qui lo stilista trascorreva spesso i weekend per staccare dalla città. Il condizionale sulla cerimonia è d’obbligo, perché non ci sono conferme. Ovunque sarà, però, all’ora della funzione — probabilmente alle 15 — tutti i negozi della Giorgio Armani Spa resteranno chiusi in segno di rispetto. In questi giorni sono sempre stati aperti: decisione, anche questa, che nessuno stenta a credere sia stata disposta dallo stilista, che ha sempre vissuto da e per il suo lavoro. In Bergognone, già da ieri, la polizia urbana ha transennato l’accesso. Prevedono l’arrivo di tantissima gente, ma anche di celebrità e colleghi. La famiglia ha chiesto di rispettare le volontà: no foto e video. Vestiranno tutti l’abito del silenzio? L’ultimo omaggio a un uomo che non mai usato parole di troppo ma ha sempre lasciato che fossero i suoi abiti, il suo stile a parlare per lui.