Jacobs e Tamberi: la caduta degli Dei
(Gaia Piccardi, inviata a Tokyo) La sceneggiatura di un grande film avrebbe previsto che Gimbo aspettasse Marcell sul traguardo, come quattro anni fa quando lo stadio di Tokyo si era vestito dei simboli dell’Olimpiade pandemica e non del Mondiale, per un abbraccio crepuscolare sui titoli di coda. Ma questa è la vita, non cinema. E quindi Tamberi eliminato dalle qualificazioni del salto in alto che nel 2021 dominò ex equo con Barshim (oggi infortunato: altro segno dei tempi che cambiano), zavorrato da una misura (2,16) che non gli compete, si fa giustamente i fatti suoi mentre Jacobs arriva sesto in 10”16 nella semifinale dei 100 sbranata dal campione americano in carica Noah Lyles (9”92).
Sic transit gloria mundi, diceva il professore di latino al liceo. Sic transit anche la gloria degli eroi di Tokyo, l’Olimpiade più bella della nostra vita, quella delle 40 medaglie dell’Italia e dei cinque indimenticati ori dell’atletica leggera, improvvisamente diventata pesantissima. Cadono gocce di sudore sulla tastiera del computer in tribuna stampa e cadono anche gli dei azzurri, Gimbo e Marcell, saldati per sempre nella notte del trionfo e in quella mestissima della sconfitta, sotto lo stesso accogliente cielo di Tokyo. «Gli anni passano per tutti, non si può sempre vivere nel passato» filosofeggia Jacobs quest’anno mai competitivo, sedotto e abbandonato da coach Rana Reider, il sergente di ferro per cui aveva lasciato l’Italia, l’allenatore Camossi e un tranquillo tran tran da campione olimpico. Vero: l’età, 33 anni Tamberi e 30 Jacobs, accomuna controprestazioni che si spiegano con storie diverse: un ruolo che da sempre Marcell ha fatto fatica a reggere, e dal quale sembra non veda l’ora di liberarsi, e un’ossessione che abita ancora oggi che è padre le notti di Gimbo, il saltatore gigantesco e mattoide che conta i giorni che lo separano a Los Angeles, i Giochi a cui ha affidato (esercizio pericolosissimo) il risarcimento fisico e morale del disastro di Parigi.
Gli dei cadono, insomma. Ma Jacobs frantumato per terra non si lamenta, anzi vede la via d’uscita, mentre Tamberi ha addosso una voglia di rialzarsi che lo rende elettrico nella sconfitta, forse fin troppo. Non a caso, Marcell parla da ex: «E’ stata una stagione di sofferenza, l’anno scorso dopo l’Olimpiade mi ero ripromesso che se le cose si fossero complicate avrei considerato di smettere. Devo liberare la testa, pensarci sopra, vediamo anche cosa mi dice il fisico. Ma quando corri in 10”16, cosa puoi dire? Non sono fluido, mi sento pesante. Un tempo così nei 100 lo facevo quando saltavo in lungo… Vorrei pensare ad altro, basta restare focalizzato h24 sull’atletica. Non ho più vent’anni, rifletto sul futuro da tempo. I figli mi vogliono a casa e io non ho più né la forza né l’energia per rimanere concentrato sui sacrifici che richiede questo sport». Fantastica di aprire attività commerciali negli Usa, in Florida, dove risiede: il processo per l’ottenimento della green card è in pieno corso (Jacobs è nato in Texas). Ragiona come se questo Mondiale fosse finito e invece c’è una staffetta 4×100, anch’essa oro nell’annus mirabilis di Tokyo, che avrebbe bisogno del suo determinante contributo. Ma Marcell è già oltre, altrove: «Mah… per la staffetta vediamo… Non è che sto correndo così forte… Largo ai giovani».
Al contrario, Tamberi è già a Los Angeles. «Ho fatto un risultato pietoso, così fa male. Mi addolora aver lasciato mia figlia di un mese per non aver combinato nulla in Giappone. Adesso torno a Ancona dalle mie donne, che mi faranno passare questo stato d’animo. Sapevo che avrei potuto saltare 2,30, è stata una stagione storta ma mi sarebbe bastato un clic per sbloccarmi. L’anno prossimo non dovrà andare così. Non aspetterò giugno per allenarmi seriamente ma avevo un problema al ginocchio da sistemare. Fisicamente sto bene, certo bisognerà gestire l’età che aumenta. Ma il fuoco dentro, io lo sento ancora».
Dalle porte girevoli dell’esistenza, esce Jacobs, rientra Tamberi. A Tokyo, immersa in un’umidità da Blade Runner, stasera c’è un cielo senza stelle. Minaccia pioggia, governo ladro.