Nel pastone della politica italiana la polarizzazione è la prima regola della comunicazione. Ieri lo schema di gioco è stato questo, La segretaria del Pd Elly Schlein era ad Amsterdam per un congresso dei Socialisti europei. Dopo avere dato la sua solidarietà al giornalista Sigfrido Ranucci, vittima di un attentato, ha aggiunto: «La democrazia è a rischio, la libertà di parola è a rischio quando l’estrema destra è al governo».
«SIAMO AL PURO DELIRIO – le ha risposto la presidente del consiglio Giorgia Meloni – Vergogna, Elly Schlein, che vai in giro per il mondo a diffondere falsità e gettare ombre inaccettabili sulla nazione». In un climax retorico il ministro della difesa Guido Crosetto ieri ha parlato di «calunnia e danno gravissimo allo Stato», quasi che il governo stia preparando una denuncia contro un partito di opposizione. In un video sui social Schlein ha chiesto a Meloni: «La smetta di fare la vittima. Perché ha detto di no alle opposizioni che le hanno indicato dove prendere 5 miliardi per assumere medici e infermieri? Perché avete bloccato la nostra proposta unitaria sul salario minimo in uno dei paesi che ha i salari più bassi d’Europa?».
DAL LATO DI GIUSEPPE CONTE dei Cinque Stelle è giunto un attacco contro Meloni perché sarebbe «fuggita» dalla conferenza stampa sulla manovra per non rispondere sul fatto che i termini della pensione sono stati spostati e si resterà a lavorare più a lungo. «Si recava ai funerali di Stato dei carabinieri, non stava scappando. Conte pensi al suo partito che perde i pezzi» ha risposto Fratelli d’Italia. «Squallido, strumentalizzare i funerali dei carabinieri. Vergogna» hanno ribattuto i Cinque Stelle. Lo scontro è stato amplificato, via social e agenzie stampa, da un minestrone di reazioni fotocopia da parte di decine di ministri e parlamentari di entrambi gli schieramenti. L’obiettivo è, in questi casi, diventare l’hashtag della giornata e scalare le posizioni nei maggiori siti di informazione, sperando in una ripresa nei Tg della sera. E sui giornali di stamattina.
IL RISULTATO è una cacofonia che rende indescrivibili i contesti, le ragioni e i contenuti a favore della simulazione di un conflitto in cui ciascuno mantiene le proprie bandierine. E così il governo continua a fare propaganda, inventandosi un nemico simbolico al giorno. E l’opposizione rischia di perdersi in frullatori i retorici, vanificando le ragioni delle sue critiche. A cominciare dall’osservazione sulle «sceneggiate», così ieri le ha definite Riccardo Magi di Più Europa, messe in piedi da Meloni per nascondere i problemi strutturali della manovra e, in generale, della sua politica interna.
LO SPETTACOLO ORATORIO non è privo di fatti anche se, spesso, rischiano di passare di lato. Il commissario Ue all’Economia Valdis Dombrovskis ieri ha confermato quanto ha sostenuto il ministro dell’economia Giorgetti e ha approvato la prospettiva del governo sul riarmo. A primavera l’Italia rientrerà dalla procedura Ue per deficit eccessivo, chiederà i prestiti «Safe» (12–14 miliardi) a Bruxelles per il riarmo e finirà per attivare la clausola che esenta la spesa militare dal calcolo del deficit. Lo scopo del governo Meloni è quello fissato dalla Nato e da Trump: il 5% del Pil in armi e la distruzione del Welfare nei prossimi 10 anni. Non importa se una maggioranza meloniana non ci sarà più. Ormai questo destino sembra essere stato scritto nella pietra.
IL TESTO DEFINITIVO del governo sulla manovra, come sempre, non c’è ancora. Sarebbe stato varato dal Consiglio dei ministri di venerdì, ma le banche che attendono di vederlo per capire come, quando e perché dovrebbero pagare qualche spicciolo in più. Già si annuncia un altro incontro tra l’Abi e il ministero dell’economia per capire cosa avrebbe deciso il governo. Il problema è noto. I governi, anche quello Meloni, varano le leggi e continuano a riscriverle alla ricerca dell’ultimo compromesso a misura delle categorie di riferimento. La manovra è attesa in parlamento la prossima settimana.
IL PROBLEMA DEI BASSI SALARI, che il governo pretende di affrontare con misure costosissime dall’effetto liofilizzato come il taglio dell’Irpef persiste il problema del «drenaggio fiscale». «Senza fermare la sua macchina infernale, le detassazioni annunciate dal governo non fermeranno il drammatico impoverimento di lavoratori e pensionati» ha sostenuto il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari.