Sara Busi, creator e co-autrice del podcast “Ex bambine ciccione”, spiega la sua esperienza di vita dopo il lavoro in Freeda e con il Milanese Imbruttito. «Nella produzione audio con Valentina Cirillo raccontiamo i nostri percorsi dopo l’operazione di chirurgia bariatrica e il rapporto con i nostri corpi»

«Vengo da Arese, un piccolo paese alle porte di Milano, dove tante ragazze convivono con disturbi alimentari. In Italia facevo la fotografa e mi occupavo di social quando le Instagram stories erano ancora una novità. A un certo punto, però, ho sentito il bisogno di cambiare aria: mi sono trasferita a Londra. Lì ho iniziato a lavorare nel settore della ristorazione per il Victoria & Albert Museum. Pesavo 133 chili, ma nonostante questo ho avuto grandi soddisfazioni. In Italia, onestamente, non credo sarebbe stato possibile». Inizia così la storia di Sara Busi, content creator e co-autrice del podcast “(Ex) Bambine Ciccione”. «Con Valentina Cirillo raccontiamo i nostri percorsi dopo l’operazione di chirurgia bariatrica». L’intervista a una delle partecipanti di “Specchi Riflessi”, l’evento di Unstoppable Women della Milano Digital Week, nella nuova puntata dedicata alla creator economy.

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Sara, iniziamo dal tuo trasferimento a Londra, perché dici che in Italia la carriera che hai fatto là non sarebbe potuta avvenire?
Principalmente per una questione di peso. La Gran Bretagna è molto più inclusiva e dopo appena tre mesi avevo già un team da gestire. Non ho mai avuto problemi sul lavoro legati al mio corpo e sono riuscita a raggiungere molti traguardi. Nonostante un buon stipendio e una vita sociale piena, però, non stavo bene. Così ho deciso di tornare in Italia. Sono stata fortunata: i miei genitori mi hanno sostenuta completamente. Ho smesso di lavorare per un anno, ho iniziato un percorso di psicoterapia e da lì è partito tutto l’iter con l’équipe di chirurgia bariatrica.

Come è stato il rientro in Italia dopo un’esperienza così intensa?
Tornare non è stato semplice. Ad Arese molte ragazze hanno sofferto di disturbi alimentari e, se non sei magra e ricca, faticavi a sentirti parte del gruppo. Io non mi rispecchiavo in quel modo di vivere. Quando nel 2019 ho iniziato a raccontarmi sui social, tante ragazze del mio paese mi hanno scritto che si riconoscevano nella mia storia.

Anche l’aspetto psicologico nel risolvere questo tipo di problematiche è fondamentale, giusto?
Assolutamente sì. Con mia madre abbiamo condiviso quasi lo stesso percorso: lei ha iniziato un paio d’anni prima di me e fare le sedute insieme è stato prezioso, anche a livello umano. Oggi ho un rapporto splendido con i miei genitori e sono molto felice dell’operazione. Non mi sono mai pentita e ne parlo apertamente nel podcast “(Ex) Bambine Ciccione”.

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Quando sei arrivata sui social?
Tra il 2018 e il 2019. All’epoca Freeda era sulla cresta dell’onda e tutti volevano comparire sulla pagina. Un giorno ho visto un casting per persone con storie da raccontare: mi sono candidata. Durante il provino ho parlato della mia esperienza e del mio imminente intervento. Da lì è nato “Over”, un documentario in 5 episodi su YouTube. L’autrice mi chiese di scrivere un diario per raccontare le mie sensazioni, così è nato @talkingtomybody, che è ancora oggi la mia pagina. Quando ho iniziato a perdere peso ho condiviso tutto sui social, e diversi video sono diventati virali su TikTok. Da lì è partita la mia avventura da creator.

“(Ex) Bambine Ciccione” di che cosa parla esattamente?
Con Valentina (ndr) affrontiamo cosa significa crescere in un corpo grasso e arrivare alla decisione della chirurgia bariatrica. Abbiamo avuto infanzie simili e raccontiamo anche il rapporto con i nostri genitori. In 12 puntate tocchiamo tanti temi, sempre con sincerità e ironia.

E ci sarà un sequel?
Per ora non so. Preferisco creare un prodotto di qualità piuttosto che qualcosa fatto in fretta, perciò è ancora tutto da vedersi. Al momento sto lavorando a progetti personali legati al corpo e ai disturbi alimentari.

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Oggi sei content manager di Dude e poi?
Continuo a portare avanti anche le mie pagine. Voglio che i miei contenuti restino autentici e utili a chi vive esperienze simili alle mie.

Che rapporto hai con l’AI?
Uso ChatGPT per brainstorming, ricerche e correzioni, ma non mi spaventa: non sa far ridere, e nel mio mondo, invece, l’ironia è tutto. Se un giorno saprà anche montare i video, allora sì, diventerà per me un vero alleato quotidiano.