Come fa una pizzeria ad avere una, anzi due, anzi tre stelle Michelin? Succede a Nerano, dove la famiglia Mellino un’idea l’ha avuta e l’ha messa in pratica, trasformando con gli anni la pizzeria aperta nel 1983 (tra una curva all’altra della strada che porta a Marina di Cantone) in un ristorante, poi in un gran ristorante e infine in un: caspita, che ristorante! Il locale si chiama Quattro Passi e da quasi due anni vanta tre stelle Michelin, ciò che fa di Fabrizio Mellino (che ha ereditato dal padre Antonio il ruolo di executive chef) oltre che il tristellato italiano più a Sud della storia, anche il più giovane attuale e il secondo più giovane della storia ad aver raggiunto questo traguardo dopo Massimiliano Alajmo, che conquistò la massima onorificenza gastronomica nel 1992 a 27 anni e da allora non l’ha più mollata.
Un destino che auguriamo anche a Fabrizio, che di anni ne ha 34 (è nato nel 1991 a Sant’Agnello) e che esibisce già un rigore e una maturità che non ci si aspetterebbe né per ragioni anagrafiche né per ragioni geografiche, visto che la Penisola Sorrentina ha dato i natali ha cuochi esuberanti ognuno a suo modo come Antonino Cannavacciuolo, Gennarino Esposito e Beppe Guida. Lui, Mellino, è invece austero, misurato, poco espansivo, molto orientato al lavoro, uno che, come ci confessò in un’intervista, dedica il poco tempo libero al running ma solo perché la stagione estiva è una maratona che bisogna correre fino in fondo. Fabrizio Mellino nel ristorante di famiglia ci è cresciuto, respirando l’odore delle zucchine fritte della Nerano assieme all’aria balsamica e profumata di limoni di quel paradiso in Terra. Poi è maturato grazie alle esperienze in Francia all’accademia di Paul Bocuse a Lione, alla quale approdò digiuno di francese all’età di 19 anni indicato da Nadia Santini del Pescatore, a cui era stato affidato il compito di individuare un promettente figlio di ristoratore a cui assegnare una borsa di studio. Un’esperienza un po’ traumatica all’inizio, ma che lui riconosce ora come fondamentale per la sua formazione, avendolo costretto a confrontarsi con costumi e tradizioni differenti dalla sua.
Poi certo, dopo un altro po’ di girovagare è tornato nella sua Nerano – dove nel frattempo papà Tonino aveva già conquistato le due stelle con una crescita a passo lento ma costante – ma a quel punto con lo spirito di chi, avendo visto anche altro, conosce punti di forza e debolezze del proprio mondo e lo sa leggere meglio. Così Fabrizio è riuscito non solo a mantenere il livello del padre, cosa che non sempre riesce come la storia gastronomica italiana insegna, ma anche a migliorarlo portandolo ai massimi livelli come mai era successo a un ristorante sotto la linea romitiana dell’Abruzzo.
Il ristorante
La sala
Oggi la sua cucina è definibile come neomediterranea, conserva gelosamente tutti i sapori e i fervori della Campania di mare guardandoli da un punto di vista differente che tenga conto delle tecniche padroneggiate, dei filtri culturali, dello Zeitgeist. Un territorio contemporaneo, che non rinuncia al pescato anche non nobile, ai cereali, alla pasta sempre protagonista, al vegetale lussureggiante e potentemente espressivo, a tutti gli elementi della dieta mediterranea che qui in Campania ha trovato legittimità. Lui racconta di avere un processo creativo lento e riflessivo, fatto di studio al servizio dell’immaginazione, di analisi, di esperimenti continui, di abbandoni e ripescaggi, un itinerario tortuoso che si nutre più di consapevolezza che di furore, per lo più solitario, anche se poi al momento dell’assaggio tutta la squadra è coinvolta e ascoltata. Quattro Passi è un locale ampio e luminoso, sospeso tra post-modernità e qualche tocco oleografico a cui nessun locale in zona rinuncia. Elegante come una maiolica di Vietri, di imperfetta geometria e colori netti. Nelle belle giornate a pranzo la luce inonda la sala e i più fortunati possono mangiare guardando lì dove il mare luccica mentre la sera la vista è come di un presepe marino.
I piatti
Il menu Equinozio d’Autunno (290 euro) è composto da piatti come All’Ombra del fico, con lanzardo, olio di foglia di fico e agrumi; Riflessi di nero con maiale nero casetrtano e foglie di broccolo, il Riso Torbato con il whisky che dà profondità al mandarino e al tè Lapsang, un rimontaggio delle cinematografiche Fettuccine all’Alfredo con porcini e pino marittino, un Merluzzo con scarole, capperi e quinoa, un Galletto con polvere di limone nero, champignon e wafer di fegatini, una Mandorla con cachi e fico d’India e un dessert.
La Cantina di Quattro Passi
Io però mi sono avventurato nei piatti della Carta dei Sapori, essendo la mia prima volta e volendo sfidare i classici della casa: l’inizio è affidato a Il Mio Giardino, un delicato piatto che gioca tra l’acidità tagliente dell’acqua di pomodori di Sorrento, l’amarezza della rucola e l’eleganza del basilico, per un avvio decisamente territoriale. Poi ecco Il Fiore di Calamaro, un ricamo che Mellino ha anche portato a Masterchef. Il mollusco è lavorato con perizia e pazienza da miniaturista e arricchito con una tartare di scampi, del caviale Oscietra e dell’acqua di mela verde. Pochi ingredienti esaltati da una tecnica inappuntabile e da un senso estetico non comune.
Poi mi arriva un Wafer di triglia e il primo pensiero è: ma quanto piace il wafer ai grandi chef, da Perbellini in giù? Ma poi vengo travolto dalla perfezione di questo piatto diviso in due immagini affiancate; da un lato il wafer stesso, essenziale e quasi apodittico; dall’altro in un piatto tondo una spuma di patate, arancia e rosmarino che assomiglia alla O di Giotto. E’ poi il momento del piatto per il quale si può dire sono venuto fin qui: le Linguine alla Nerano, vera iconica gastronomica del territorio di cui reca il nome, un piatto semplice nei suoi ingredienti, delle zucchine nervose fritte con lievità, del basilico, del pepe nero, il tutto mantecato con burro e Parmigiano a creare una cremosità incantevole.
Sapore ed eleganza, ferro e piuma: il vero piatto bandiera della Nuova Gastronomia Contemporanea del Meridione Italiano. Poi un altro superclassico, uno Gnocco quasi alla sorrentina, in cui quell’avverbio, quasi, indica la farcia leggera di agnello che viene inserita negli gnocchi stessi, poi conditi da una salsa di pomodori del Piennolo crudi, a una spuma di mozzarella e a una glassa in demi-glace di agnello. Ancora un primo, il Fusillone al riccio di mare con crema pasticciera salata e sopra un crudo di gamberi, un piatto dove la nota iodata si contempera a quella dolce creando un equilibrio ad altissima quota. Poi un assaggio di un altro piatto storico del ristorante, che è un po’ la bandiera di papà Tonino e che Fabrizio ha reso più essenziale e stiloso, la Lasagnetta con ragù napoletano e San Marzano.
I tanti primi assaggiati lasciano poco spazio per i secondi. Mi concedo soltanto il Merluzzo con scarole, capperi e quinoa, un piatto ottimo ma forse il meno espressivo della serata (sarà un po’ di stanchezza da parte mia?) anche se va detto che l’ampiezza di sensazioni restituite è comunque notevole.
Chiusura con il Rinfresco, un intermezzo tra salato e dolce (ma più dalla parte di quest’ultimo) con la freschezza della menta e l’acidità del lime e del kiwi, un esercizio defatigante. Poi il dolce vero e proprio, un Millefoglie realizzato con due sfoglie croccanti e molto caramellate, che assomigliano a un palmier stilizzato, tra le quali si esibisce una crema leggera alla vaniglia con grande dovizia di fragole e basilico, un virtuosismo che esibisce una tecnica francesissima al servizio della delicatezza più che della spinta zuccherina. Infine un Soufflé al cioccolato che in realtà è più una Caprese, come del resto avverte il bollino cioccolatoso in cima.
Alla fine di questo percorso, durato quasi tre ore, Quattro Passi mi appare come un ristorante in cui la bussola della contemporaneità è comunque più orientata verso la tradizione che verso l’innovazione, se vogliamo seguire l’ormai trita ma inevitabile dualità concettuale. Non perché la tecnica non ci sia, ma perché è impiegata soprattutto per imporre un’estetica e un discorso entrambi classicisti. L’avanguardia secondo Mellino non è nello stupore o nell’insurrezione, ma piuttosto nella profonda conoscenza del territorio e dei suoi interpreti, intesi come gli artigiani, i pescatori, gli allevatori, i contadini. E di conseguenza nella scelta e nell’utilizzo degli ingredienti. I gesti eclatanti non necessari qui a Nerano non sono di casa.
Quattro Passi al contempo resta un ristorante di famiglia. Papà Tonino resta sempre in zona con la moglie Rita, mentre il fratello di Fabrizio, Raffaele, più di lui espansivo e solare si occupa della enorme cantina e della sala dove tutto fila liscio con eleganza ed empatia.
Indirizzo
Quattro Passi, via Americo Vespucci 13N, Nerano (Napoli).
Tel. 0818081271.
Sito web www.ristorantequattropassi.it.
E-mail info@ristorantequattropassi.it.
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena, chiuso il mercoledì