Sulle tracce dei nuovi patriarchi verdi. Tre storie che si affiancano a migliaia di giganti secolari, custodi di memoria, paesaggi e identità locali.
Il Cipresso del Canova, nel giardino della Chiesa degli Eremitani a Padova, fu piantato nel 1803 dallo stesso Antonio Canova come parte di un monumento funebre dedicato alla clavicembalista tedesca Ursula Diede zum Fürstenstein, poi distrutto durante i bombardamenti del 1944. Sopravvissuto agli eventi, oggi svetta a pochi passi dalla Cappella degli Scrovegni.
A Sorrento, il Pino Kauri alto trenta metri continua a crescere da quasi due secoli: raro in Italia, è un sempreverde originario dell’Oceania che con la sua presenza discreta custodisce il ritmo lento dei giardini costieri.

E c’è la maestosa Bougainvillea di Menfi, cittadina siciliana tra Agrigento e Selinunte, che tinge di fucsia la corte interna di Palazzo Planeta. La chioma supera i 280 metri quadrati e crea una volta naturale che avvolge il Maharìa Sicily, ristorante dove gustare eccellenze isolane sotto una pergola vegetale che cambia volto secondo le stagioni. Lo spazio ospita anche quattro camere, ricavate nell’antica foresteria settecentesca della famiglia Planeta. Qui l’aria profuma di mare e vino, l’ombra è quella di uno dei più grandi esemplari d’Europa e ogni visita diventa un incontro ravvicinato con la Sicilia più autentica.
Un patrimonio che cresce

Questi nuovi ingressi fanno parte dell’aggiornamento 2025 dell’Elenco degli Alberi Monumentali pubblicato sul sito del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (Masaf). L’Italia aggiunge 211 esemplari al proprio patrimonio, raggiungendo quota 4.944 alberi tutelati. Si trovano in 11 regioni: Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria e Veneto, e possiedono un valore biologico, ecologico e culturale che va ben oltre l’estetica. Alcuni sono legati a tradizioni popolari, altri convivono con architetture storiche, altri ancora rappresentano habitat vitali per la fauna locale. Tutti modellano il paesaggio italiano in modo decisivo.
Cosa rende un albero monumentale
Un albero entra nell’elenco nazionale quando presenta criteri chiari: un’età fuori dal comune, dimensioni eccezionali, una forma inusuale, un valore storico documentato oppure un legame forte con la comunità. Ogni esemplare è un racconto. In Sardegna l’olivastro millenario di Luras supera i duemila anni e continua a crescere come un guardiano del paesaggio gallurese. Sull’Etna vive il Castagno dei Cento Cavalli, avvolto dalla leggenda della regina Giovanna d’Aragona: sorpresa da un temporale durante una cavalcata, avrebbe trovato riparo sotto la sua immensa chioma insieme a cento cavalieri e altrettanti cavalli.
In Toscana, a Pienza, la Quercia delle Checche rappresenta un’altra forma di monumentalità. Alta ventidue metri e con una chioma che supera i trentaquattro metri di diametro, deve il nome alle gazze ladre che nidificavano tra i rami. È stato il primo albero in Italia a ottenere una tutela congiunta dal Ministero dell’Agricoltura e dal Ministero dei Beni Culturali. Il suo crollo parziale, seguito da atti vandalici, generò una mobilitazione collettiva che portò a un restauro accurato. Oggi la quercia è un simbolo identitario della Val d’Orcia e della capacità di una comunità di difendere la propria memoria verde.
Viaggio lento tra i patriarchi verdi
Esplorare l’Italia attraverso questi giganti significa attraversare vie secondarie e ascoltare il silenzio. I Larici millenari della Val d’Ultimo, in Alto Adige, sopravvivono da oltre duemila anni a inverni durissimi e raccontano un’epica di resistenza. Il Platano di Curinga, in Calabria, è stato per secoli la piazza informale del paese e possiede una cavità tanto ampia da accogliere un piccolo gruppo di persone. In Umbria, la Roverella di Cagnano incanta per la sua chioma ampia e armoniosa, un equilibrio naturale che ha ispirato fotografi e pittori. .
Una mappa per orientarsi

Oggi esiste una mappa digitale che raccoglie gli alberi monumentali italiani e permette di localizzarli con precisione. È uno strumento utile per costruire itinerari lenti, lontani dai flussi affollati, verso borghi che custodiscono più della metà degli esemplari censiti. Piccoli Comuni spesso fuori dalle rotte principali, dove queste presenze secolari diventano simboli identitari e alleati silenziosi dello sviluppo locale.
La tutela da quest’anno si estende anche ai boschi monumentali, grazie a un emendamento della Legge sulla Montagna. Pinete storiche, castagneti secolari e foreste di valore naturalistico potranno essere riconosciute e gestite come monumenti collettivi, ampliando la visione del patrimonio arboreo nazionale.
Come nasce un nuovo monumento vegetale
Qualunque cittadino può segnalare un albero ritenuto meritevole all’Ufficio Verde del proprio Comune. Età presunta, dimensioni straordinarie o un legame con la storia locale possono avviare un percorso di riconoscimento ufficiale. Sulla pagina web dedicata del sito del Masaf si trova sia la scheda di segnalazione, sia una guida ai “criteri di monumentalità”. È un gesto semplice, capace di intrecciare memoria e futuro, trasformando un albero in bene comune e inserendolo in una rete che protegge, racconta e valorizza il paesaggio. Una bougainvillea, un cipresso, un pino raro o una quercia secolare ricordano che il tempo degli alberi è un tempo diverso dal nostro e invita a rallentare e ad allargare lo sguardo.
