di
Marco Imarisio
Il consulente del Cremlino sostiene che l’America «non ci considera più parte di un asse del male». E che i Paesi europei sono divisi
«L’Europa voleva isolarci, non ci è riuscita, e adesso scopre che l’unica a essere isolata è lei». Nessuna smorfia di soddisfazione sul volto di Marat Bashirov, politologo di provata fede putiniana che nel 2014 fu primo ministro della fittizia Repubblica separatista di Lugansk, mentre oggi è titolare di una società che porta al Cremlino gli imprenditori stranieri, nonché uno degli opinionisti russi più popolari. «Mi limito a mettere in fila i fatti», dice. «Per noi è un buon momento. Quella di Putin in India è stata una visita diversa dalle altre, perché gli Usa speravano molto di staccare New Delhi da questa cooperazione tra tigre, drago cinese e orso russo. Fin dall’accoglienza all’aeroporto, si è invece capito che avremmo concluso tutti quegli accordi che l’amministrazione Trump ha invano cercato di osteggiare negli ultimi mesi».
Meglio vanno le cose per la Russia a livello diplomatico, più è lontana la pace in Ucraina?
«Al raggiungimento di un accordo di pace, secondo me lavorano altri fattori. Con Trump, gli Usa hanno cambiato il paradigma della promozione dei loro interessi. Che il principale concorrente in tutto il mondo per loro sia la Cina, lo si sapeva da molto. Questo obbliga per forza di cose la Casa Bianca a non considerarci più parte del cosiddetto “asse del male”. Ne consegue che il “caso ucraino” per loro non ha più alcuna valenza. E vorrebbero solo sbarazzarsene».
La nuova dottrina di sicurezza americana è «una premessa modesta» per ricomporre la crisi ucraina, come dice Dmitry Peskov?
«È la semplice realizzazione da parte degli americani non direi degli impegni, ma piuttosto della dimostrazione globale di intenti che sono stati discussi ad Anchorage. Se gli Usa intendono avviare una cooperazione strategica, non si può presentare la Russia come una minaccia. Perché “modesta”? Mi sembra un segnale positivo, che dimostra come per noi il problema ucraino rimane molto importante. Mentre per gli americani, no. Ma servono passi concreti. Ad esempio, il ritorno delle compagnie americane di petrolio e gas a Sakhalin, che riceveranno anche la parte ora controllata dalla Total francese. Nel progetto artico mi aspetto qualche passo del nostro governo, che toglierà le restrizioni in cambio di un alleggerimento delle sanzioni Usa. Do ut des».
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Ma quanto può pesare una soluzione della crisi ucraina nelle relazioni tra Mosca e Washington?
«Gli americani sanno che ci sono venticinque punti su 28 di questa dichiarazione di intenti sui quali la Russia è pronta a discutere. Ma i rimanenti tre sono fondamentali. Sulla Nato, gli americani hanno già detto pubblicamente di essere consci delle preoccupazioni della Russia. Cosa è scritto nella nuova dottrina americana? Che se l’Europa è preoccupata per le presunte minacce russe, è l’Europa che si dovrebbe premurare della propria sicurezza, senza trascinare gli Usa. In questo senso, gli Usa adempiono ai loro impegni, e noi ai nostri».
Quali concessioni potrebbe fare Putin su questi punti fondamentali?
«Su Nato, territori, dimensioni delle forze armate ucraine, nessuna. È una posizione rigida, e ufficiale. Tutto il resto sono sfumature di grigio».
L’isolamento della Russia è finito?
«Non da parte dell’Europa. Che infatti è rimasta sola. Ma il resto del mondo non lo aveva neppure cominciato, Usa compresi. Negli ultimi tempi, le imprese americane hanno occupato determinati settori del mercato in Russia, e lo hanno fatto apertamente, mentre le società europee se ne andavano».
Considera Europa e Nato fuori dai giochi?
«Intanto, siete divisi in almeno tre gruppi. I nostri amici o alleati, diciamo così. Poi ci sono Francia, Germania e Regno Unito che giocano a fare la guerra. L’ultimo gruppo è quello dei taciturni, composto da tutti gli altri Paesi, per i quali si pone soprattutto la questione dell’unità della Ue e il grande problema dell’Euro-Nato, l’Alleanza non più atlantica, senza gli Usa. L’Italia balla tra il secondo e il terzo gruppo. Quando vi metterete d’accordo, forse potrete contare di più. Ma al momento, parlano i fatti. Siete isolati. Voi, non noi».