Oltre a Babbo Natale nelle case degli italiani arriverà domani sera alle 21,30 su Rai 1 Alberto Angela, 63 anni, paleontologo e divulgatore, con il decimo speciale del suo programma Stanotte a…

Dove sarà quest’anno?
«A Torino, il punto di arrivo di dieci anni di lavoro per lo speciale di Natale della Rai. Proprio qui nacque l’idea di registrare i programmi di notte nei musei quando sono vuoti. Spesso le riprese si fanno al lunedì o la sera tardi. Questo speciale necessita di quattro settimane di lavorazione, dunque dieci anni fa girammo la prima puntata Stanotte al Museo Egizio a Torino, ben prima del noto film e per esperienza dell’atmosfera magica di lavorare di notte».

Poi ha fatto Firenze, Venezia, San Pietro in Vaticano, Pompei, Napoli, Parigi, Milano, Roma, perché torna a Torino?
«L’idea di dedicare uno speciale natalizio alla città di Torino dura da tempo perché ha una cosa che né Milano né Roma hanno e cioè che si illumina di notte. Sembra fatta per essere visitata anche da soli, perché mostra particolarmente bene il suo volto. In questo appare una città mitteleuropea, ha tante luci eleganti oltre alle Luci d’artista e alle luminarie di Natale. I tecnici hanno aggiunto dei fari per filmare di notte, ma non ce n’era bisogno».

Dove ci porterà?
«Dalla Porta Palatina al Museo del Cinema nella Mole Antonelliana, dalla Biblioteca Reale per mostrare l’Autoritratto di Leonardo al Duomo per scoprire la Sindone, dal Museo del Risorgimento a Palazzo Carignano dove si trova il Parlamento Subalpino alla Pista 500 del Lingotto».

Con lei ci sarà come sempre il grande attore Giancarlo Giannini a farle da spalla?
«Sì, stavolta interpreterà il cantante torinese Fred Buscaglione per rappresentare un lato divertente della città. Poi spiegherà le tante innovazioni gastronomiche locali dal grissino al tramezzino, al gianduiotto».

Chi saranno gli ospiti invece?
«Al Museo Egizio il direttore Christian Greco rivelerà i regali di Natale degli egizi e la presidente Evelina Christillin racconterà la svolta delle Olimpiadi invernali 2006 all’Inalpi Arena, dove si tengono le Atp Finals. Al Museo dell’Automobile il pilota Jean Alesi metterà a confronto la Formula 1 dei suoi tempi e quella di oggi. Al Lingotto Alessandro Del Piero ricorderà l’Avvocato Agnelli, la Juventus e poi andrò a Superga a rendere omaggio al Grande Torino, che per me rappresenta un’Italia che stava ripartendo e che non ha potuto godere dei suoi frutti. Con Luciana Littizzetto parleremo delle specialità torinesi al Caffè di Palazzo Reale. Francesco Gabbani suonerà Fred Buscaglione alla Reggia di Stupinigi. I Subsonica faranno un loro pezzo. E la discobola torinese Daisy Osakue, incontrata per caso al mercato del pesce di Tokyo poco tempo fa, testimonierà una generazione che guarda al futuro con preoccupazione ma pure ottimismo».

Passerà anche dal murale dedicato a suo padre Piero sulla facciata della Rai di Torino?
«Sì, lo guarderò e proseguirò per mostrare il Museo della Radio e della Televisione all’interno della Rai».

La sua famiglia è di origine torinese, ha scoperto qualcosa di nuovo?
«Sì, che a inizio Novecento le prime automobili facevano benzina alla farmacia e al negozio di alimentari con una latta che si acquistava».

Qual è la chicca che mostrerà?
«L’Autoritratto di Leonardo e il suo Codice del volo alla Biblioteca Reale oppure l’unico profumo romano intatto al mondo al Museo delle antichità, un unguentario a forma di colomba forse a base di acqua di rosa».

Qual è il suo posto preferito?
«La Taurasia preromana, il Quadrilatero romano, via Po, piazza Carignano, l’Egizio che è uno dei musei più belli al mondo e dove andavo già con i miei nonni. Il riallestimento per i suoi 200 anni ha saputo risvegliare l’attenzione su un’istituzione culturale capace di evolvere con la stessa dinamicità della città».

Quale messaggio di Natale vuole lasciare?
«Il filo rosso della puntata è la creatività, che sia un auto, un gruppo musicale, una ricetta gastronomica o un film. L’alta definizione delle immagini, per dire, è stata inventata dai tecnici Rai di Torino. I torinesi dicono “non mi oso”, ma poi il mondo lo cambiano eccome».

Come vede Torino oggi?
«È come un’ostrica che si apre lentamente per mostrare le sue perle a chi ha pazienza. Da vent’anni ci giro Passaggio a Nord Ovest, i miei erano di Torino, ma è sempre una scoperta. Non è solo la città di Cavour, qui ancora oggi noto un fermento dovuto ai giovani e alle università».

Ottimista insomma?
«Torino ha la forza e la creatività per guardare al futuro, non è seduta sul suo passato, ha pure la capacità di interrogarsi su sé stessa. Non so come andrà a finire, ma nei giovani vedo una speranza. Qui c’è un’energia che serve all’Italia. Pure io mi ritengo giovane a 63 anni, perché il mio mestiere mi obbliga a essere dinamico e a rinnovarmi».

Lavorerà fino all’ultimo come suo padre?
«Non penso di andare in pensione. Mio padre diceva “nasco e muoio in Rai”. Io no, sono altri tempi: ho un contratto biennale in attesa di rinnovo, continuerò finché si potrà».

Qual è il segreto dei suoi programmi?
«Generare la curiosità. Mostrare qualcosa e spiegare perché mi ha colpito per generare la stessa meraviglia. Se qualcuno dopo vuole approfondire ho raggiunto il mio scopo. Noos ha questo meccanismo alla base, creare una scintilla di pensiero razionale. Meraviglie è più artistico, ma ha la stessa impostazione. Così come Stanotte a».

Nel mentre ha pubblicato un librone su Cesare, l’ha scritto tutto lei?
«Non mi permetterei mai di farlo fare ad un altro. Certo ho avuto dei consulenti, ma l’ho steso da solo in un paio di mesi. 640 pagine di sudore l’estate scorsa. Una vetta da scalare. Dovevo conoscere il mondo romano, la fine della Repubblica, i dettagli della vita dell’epoca. Sono quasi 40 anni che me ne occupo. Il De bello gallico era un mio pallino perché mi ricordava Passaggio a Nord Ovest: esplorazioni, combattimenti, rivalità. Ma non era un romanzo, era vero. La soddisfazione è essere primo in classifica con un racconto tratto dal De bello gallico».

Cosa l’affascina di Cesare?
«L’uomo, non quello scolpito dei busti, ma quello ricostruito con l’AI nelle foto del libro. Mi piace la sua energia, perché ha combattuto contro tante tribù e portato Roma sulle sue spalle. Aveva problemi comuni come l’insonnia per i debiti, i tradimenti dei collaboratori e la morte di madre e figlia. Era pure cinico e baro, ma si confrontava con nemici spietati. Davanti alle difficoltà però trovava sempre una capacità di adattamento. Ha molto da insegnarci per ripartire, anche nel suo lato romantico per cui si preparava e alla fine si buttava».

Teme il ritorno della guerra?
«Da appassionato di Storia sono un po’ preoccupato, perché ottant’anni di pace non ci sono mai stati. Dobbiamo sperare nel meglio, ma prepararci al peggio per non farci sorprendere».