MAR-A-LAGO. «Sono sicuro che Donald Trump sia preoccupato per la cittadina italiana detenuta in Iran, lo conosco bene. Quindi sono fiducioso che con Giorgia Meloni abbiano avuto un confronto costruttivo in questo senso». La riflessione sulla detenzione della giornalista e concittadina Cecilia Sala nella prigione di Evin è di Alan Dershowitz, avvocato, giurista, professore di Harvard e già legale del 47 esimo presidente degli Stati Uniti.

Partiamo dalla serata di Mar-a-Lago, cosa ne pensa?
«È stato Trump stesso a dirmi che Meloni sarebbe venuta, me l’ha semplicemente descritta come una persona eccezionale e parte fondamentale del futuro dell’Europa. È una relazione, la loro, che si annuncia senza dubbio forte, così come è destinata a esserla quella dei due Paesi che rappresentano. Il presidente eletto sta cercando di tessere e consolidare relazioni con tutti i leader conservatori d’Europa che si oppongono alla cultura woke portata avanti da altri leader del Vecchio Continente ispirati a posizioni più progressiste e di sinistra. E vuole contrastare quei Paesi che hanno posizioni anti-israeliane e anti-americane, in questo senso l’Italia è un punto di riferimento. Qualsiasi decisione o prosecuzione su embarghi alla fornitura di armi a Israele potrebbe però incrinare i rapporti tra i due».

Che impressione ha della premier italiana?
«Lei è senza dubbio più conservatrice di Trump su alcuni temi sociali e sui valori, ma per quanto riguarda le grandi questioni internazionali si equivalgono. Sembra proprio che a lui lei piaccia ed è sembrato, a guardarli, che si siano simpatici. Prima di sabato ho trascorso del tempo con Trump in cui abbiamo avuto modo di parlare anche del futuro delle relazioni tra Stati Uniti ed Europa ed è emerso, da quello che lui mi ha detto, che con l’Italia c’è il potenziale per costruire una struttura importante, di riferimento».
Sa di cosa hanno parlato Trump e Meloni e in che termini?
«Arriviamo al dunque, la cosa che voglio dire è che sono sicuro che Trump è preoccupato della detenzione della cittadina italiana da parte dagli iraniani. Con lui non ne abbiamo parlato direttamente, ma in passato abbiamo parlato degli ostaggi israeliani tenuti nelle mani di Hamas, che è in qualche modo la lunga mano dell’Iran. Lui vuole liberarli tutti, darà un ultimatum per fare in modo di riportarli a casa. Per Trump la questione degli ostaggi è importantissima, quindi sono fiducioso che con Meloni abbiano avuto un confronto costruttivo in questo senso. Ripeto, è una mia convinzione, ma sono sicuro che hanno avuto una conversazione positiva circa la detenuta italiana (Cecilia Sala ndr)».
A Mar-a-Lago è stato presentato il documentario “The Eastman Dilemma”, c’è ancora quella che il presidente eletto chiama caccia alle streghe nei suoi confronti?
«Assolutamente si, è ancora visibile, chiara, l’epicentro è a New York dove, del resto, vogliono condannare Trump per un crimine che non esiste. Farà comunque appello e può ribaltare la sentenza politica. Ho insegnato per 62 anni diritto penale e non capisco proprio di cosa tratti questo caso che è solo una grande montatura. Credo che ci sia un accanimento figlio di una cultura che era volta a punire il presidente eletto e impedirgli di essere di nuovo inquilino della Casa Bianca, ma così non è stato. Nonostante questo cercano di continuare con l’accanimento».
Quindi ritiene che ci sia ancora una forte politicizzazione della Giustizia, ovvero usare i tribunali come arma politica?
«Esiste, certo, ed è terribile. All’evento di sabato sera con Meloni ho pronunciato un discorso nel quale mi sono rivolto ai repubblicani dicendo loro “per favore non fate mai ai democratici quello che loro stanno facendo, ovvero utilizzare la giustizia come arma politica per punire, azzittire o limitare l’operato degli avversari, voi dovete essere meglio di quanto loro siano stati o siano tuttora e dovete rispettare le regole dello stato di diritto e della Costituzione”. Ho inoltre offerto il mio aiuto, in questo senso, al presidente Trump e al nuovo ministro della Giustizia Pam Bondi».
Ieri è stato il quarto anniversario dell’assedio a Capitol Hill. Crede che l’America abbia già dimenticato?
«No, gli Stati Uniti non si sono scordati di ciò che è accaduto quel 6 gennaio di quattro anni fa, ma penso che nulla di quello che fece Trump quel giorno sia stato illegale o criminale. Ha pronunciato un discorso in seguito al quale alcune persone sono entrate al Congresso usando violenza e vanno punite, altre no e pertanto non lo devono essere, compreso uno dei miei clienti che mi auguro venga assolto».
Nel giorno dell’insediamento dobbiamo aspettarci proteste o violenze?
«Senza dubbio ci saranno proteste, figuriamoci, ma io temo anche eventuali azioni terroristiche, anche perché tutti i leader americani e non saranno riuniti in un unico posto rappresentando così un obiettivo appetibile ad esempio per un Paese come l’Iran, che sappiamo come da tempo stia cercando di infiltrarsi nelle questioni americane».