Bologna vola, Italiano trionfa e il Milan fa crac
(Alessandro Bocci) Una notte così la aspettava da cinquantuno anni. Il Bologna vince la terza Coppa Italia della sua storia e Italiano, che di finali ne aveva perse tre con la Fiorentina, una su questo stesso prato, salta come un grillo in mezzo alla sua gente. Il cerchio si è chiuso, la missione è compiuta. I trentamila tifosi rossoblù quasi non ci credono tra canti e lacrime e un dolce struggente coro per Sinisa Mihajlovic.
Anche i milanisti piangono sul campo, epilogo triste di una stagione amara, cominciata male e che rischia di finire peggio, senza gloria e senza un posto in Europa. Una sconfitta, quella rossonera, che non ammette repliche. Il Milan è come un cerino, si accende subito e si spegne troppo in fretta. Un quarto d’ora di buone intenzioni e poi niente, notte fonda. La squadra specialista in rimonte, una volta sotto, colpita da Ndoye a inizio ripresa, non ha nessun tipo di reazione e non tira neppure una volta in porta. I tifosi cantano contro Cardinale, in questo mercoledì che è un supplizio. Ibra scuote la testa in tribuna. Il regno di Conceicao è finito. La ricostruzione può cominciare. Forse si è già perso troppo tempo.
Il Milan esce bene dai blocchi della finale, cercando di sorprendere il Bologna con una partenza sprint. Il primo affondo di Leao diventa una ghiotta occasione, che Jimenez non riesce a capitalizzare. E Skorupski è reattivo sventando una doppia minaccia, la deviazione di Beukema su un cross dalla destra e il tiro al volo troppo centrale di Jovic nella stessa azione. Ma quando la partita entra nel vivo il Bologna ci salta sopra, mostrando un impianto di gioco più solido e collaudato di quello dei rivali. La squadra di Italiano gioca più veloce, cercando l’ampiezza e tentando l’uno contro uno su entrambe le fasce, con Orsolini che appena può punta Pavlovic e Ndoye che fa ammattire Tomori. Il Bologna crea, occupa bene il campo, tenta con la riaggressione alta anche se fino all’intervallo non crea palle gol nitide.
Maignan, tra le due occasioni milaniste, è abile a sventare il cross di Miranda, forse spizzato da Castro, che sbuca dal niente. Il primo tempo è a due facce: forsennato all’inizio, più soft nella seconda parte in cui le squadre stanno attente a non scoprirsi. Il Bologna ci prova attaccando con tanti uomini, il Milan si affida alle ripartenze. Nessuna delle due trova però la soluzione vincente. Sinner in tribuna, dove trova posto anche il c.t. Spalletti, mostra di divertirsi anche se lo spettacolo non è granché.
Nel secondo tempo il Bologna segna in fretta con il suo giocatore più pericoloso, Ndoye, che in estate avrà una valutazione intorno ai 40 milioni. Un’azione che mette in luce gli impacci rossoneri. Una difesa immobile, passiva, in cui Jimenez tiene in gioco Orsolini e Tomori non riesce a contrastare il cecchino svizzero. Anche dopo il gol, il Milan non ha reazione. Lento, molle, inconsistente.
Conceicao tenta ancora il miracolo dalla panchina, inserendo tre giocatori in un colpo solo: Walker per passare alla difesa a quattro, Joao Felix per rendere più imprevedibile l’azione offensiva e Gimenez in area a caccia del pareggio. Niente però funziona. Italiano, sulla scorta di quanto accaduto in campionato, decide di coprirsi con Casale e la difesa a tre, che diventa a cinque. Il Bologna non si scopre e pressa sino alla fine, togliendo lucidità al Diavolo anestetizzato e si guadagna, oltre al trofeo da mettere in bacheca, un posto in Europa League.
E nelle ultime due giornate di campionato, senza niente da perdere e con l’animo lieve, può continuare a inseguire il sogno della Champions. La notte dell’Olimpico insegna che tutto è possibile. Italiano ha costruito un piccolo miracolo. E ha soppiantato definitivamente Thiago Motta nel cuore dei bolognesi.