di
Viviana Mazza
Il miliardario ipotizza un nuovo partito e attacca: il tuo nome nei file Epstein
DALLA NOSTRA INVIATA
WASHINGTON – La rottura totale tra Donald Trump ed Elon Musk è iniziata ieri davanti alle telecamere dello Studio Ovale, che è ormai la scena di alcuni dei momenti che resteranno nella Storia di questa amministrazione americana. Ed è continuata poi sui social, con il presidente che scriveva su Truth e l’uomo più ricco del mondo che twittava parallelamente su X, ovvero ciascuno sulla piattaforma di sua proprietà. Per ore il mondo ha assistito in diretta allo scontro — messaggino dopo messaggino — tra i due uomini più potenti del pianeta. Nessuno riesce a ricordare qualcosa di simile nella politica americana. Nessuno scrittore di fiction avrebbe osato immaginarlo.
Le domande
Il cancelliere tedesco Merz ha potuto tirare un sospiro di sollievo: non erano lui o l’Ue ieri l’obiettivo della rabbia del presidente. Una delle cose che più odia Trump è quando si sente tradito dai suoi alleati. Quando il presidente ha chiesto ai giornalisti se avessero domande, sapeva certamente che gli avrebbero domandato di Musk e per la prima volta ha commentato a proposito delle critiche fatte dal miliardario alla legge in discussione al Congresso, il suo «Big Beautiful Bill»: Trump si è detto «sorpreso» e «deluso», ha aggiunto che avrebbe preferito che Musk lo attaccasse personalmente anzichè attaccare quella legge. «Elon e io avevamo un grande rapporto. Non so se l’avremo ancora». «Sono molto deluso, ho aiutato moltissimo Elon».
Anche Elon, ovviamente, ha aiutato moltissimo Trump: ha donato 290 milioni di dollari alla sua campagna elettorale e, come ricompensa, per 130 giorni è stato uno dei volti più in vista di questa amministrazione, a capo del dipartimento per l’Efficienza Governativa (Doge). Musk era stato congedato dalla Casa Bianca venerdì scorso con la consegna di una chiave d’oro e con parole di elogio (reciproco). Il giorno prima di quella cerimonia il miliardario aveva già criticato il «Big Beautiful Bill» affermando che contribuirà ad aumentare il deficit federale. Poi, martedì, dopo aver lasciato ufficialmente l’amministrazione, l’ha definita sul suo social X un «abominio», affermando di non poter più tacere in proposito.
Per due giorni Trump ha taciuto. Ma ieri, prima che il presidente iniziasse l’incontro coi tedeschi nello Studio Ovale, il ceo di Tesla era ripartito all’attacco, rilanciando un vecchio tweet del 2012 nel quale Trump accusava il Congresso proprio per il deficit: «Non potrei essere più d’accordo», ha scritto sarcastico Musk. E citando un altro post ancora più vecchio di Trump, aggiungeva: «Dov’è finito quest’uomo? È stato sostituito da un sosia?».
Le risposte
Poi Elon ha iniziato a rispondere in tempo reale alle parole di Trump dallo Studio Ovale. Qui il presidente ha detto ai giornalisti che «Elon conosceva i dettagli di questa legge meglio di chiunque altro e non era un assolutamente un problema per lui finché non ha scoperto che rimuoveva gli incentivi per i veicoli elettrici» (Tesla ha chiuso a -14% in Borsa ieri). Musk ha replicato: «Falso, questa legge non mi è mai stata mostrata nemmeno una volta, ed è stata approvata nel mezzo della notte così rapidamente che nessuno al Congresso ha potuto leggerla!» (lamentela avanzata anche dai democratici). Poi il miliardario ha lanciato su X un referendum, proponendo di «creare un nuovo partito politico in America che davvero rappresenti l’80% che sta al centro». Intanto Trump ha sottolineato che avrebbe «vinto in Pennsylvania» anche senza l’appoggio di Musk, che invece non la vede così: «Senza di me, Trump avrebbe perso le elezioni, i democratici avrebbero controllato la Camera e i repubblicani sarebbero 51 a 49 al Senato. Che ingratitudine». E per riassumere: «Nell’intera storia della civiltà non c’è mai stata una legge che è sia grande che bella. Lo sanno tutti!».
La richiesta
«Elon stava “raggiungendo il limite”: gli ho chiesto di andarsene, ho tolto l’obbligo per le auto elettriche che costringeva tutti a comprarle anche se nessuno le voleva (e sapeva per mesi che l’avrei fatto ed è impazzito!)», ha continuato Trump. Musk ha sostenuto che è una «bugia» e poi ha lanciato «la bomba»: Trump «è nei file di Epstein (il finanziere pedofilo, ndr), è per questo che non sono stati resi pubblici». Trump ha minacciato allora di togliere i «sussidi e contratti governativi» a Musk, «il modo migliore per risparmiare miliardi e miliardi del bilancio». E Musk ha ribattuto che allora «SpaceX inizierà lo smantellamento di Dragon», capsula orbitale essenziale per la Nasa. «Non mi dispiace che Elon si sia ribellato contro di me, ma l’avrebbe dovuto fare mesi fa», continuava nella notte Donald. Ed Elon: «I dazi di Trump causeranno una recessione nella seconda metà di quest’anno».