Mentre Meloni celebrava ieri il patto della «responsabilità» in nome del «lavoro» al Congresso della Cisl un suo parlamentare, Salvo Pogliese di Fratelli d’Italia, ha depositato un emendamento al Dl Ilva che è un attacco ai lavoratori. Lo hanno denunciato Pd, Cinque Stelle e Avs, i sindacati confederali Cgil e Uil, i sindacati di base Adl Cobas, Clap, Cobas lavoro privato.
L’emendamento propone la prescrizione dei crediti di lavoro decorra in costanza di rapporto, introduce una nuova decadenza in materia di recuperi salariali, stabilisce una presunzione di adeguatezza della retribuzione stabilita dalle parti ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione e infine stabilisce che la retribuzione possa essere rideterminata dal giudice solo in caso di ‘grave inadeguatezza.
Questo significa che se un lavoratore o una lavoratrice devono recuperare delle differenze di qualsiasi tipo derivanti dal rapporto di lavoro (ad esempio in situazioni di sotto inquadramento o, cosa se possibile ancora più grave, in situazioni retributive che non rispettano il criterio di dignità potranno farlo solamente fino a cinque anni indietro o dal momento dell’interruzione della prescrizione tramite apposito atto.
In pratica, un lavoratore dovrà fare causa al suo datore di lavoro mentre è in corso il rapporto di lavoro. È un altro modo per farlo desistere dal chiedere il rispetto dei diritti e accettare le vessazioni sul lavoro.
«Si tratta di una norma manifestamente incostituzionale» ha detto la segretaria confederale della Cgil Maria Grazia Gabrielli che ha evidenziato il paradosso di una norma che attacca i diritti dei lavoratori inserito in un decreto che dovrebbe invece tutelare i posti di lavoro e tutelare le attività produttive sia dell’ex Ilva che del settore tessile.
«Con questo emendamento si rischia di aprire la strada a una pericolosa prassi – hanno detto le segretarie confederali della Uil Ivana Veronese e Vera Buonomo svuotare di valore importanti decisioni della giustizia e legittimare, per via legislativa, l’elusione e riduzione dei diritti delle lavoratrici e lavoratori così come è già recentemente accaduto attraverso altri provvedimenti legislativi».
«Inoltre viene disarticolata la possibilità di aggirare le retribuzioni dei contratti pirata – ha osservato Adl Cobas, Clap e Cobas – Un attacco frontale inaccettabile ai diritti di chi lavora, che andrà a colpire in particolare le lavoratrici e i lavoratori cosiddetti “poveri”. Lo fanno a fine luglio, uno schifo».
L’emendamento è stato attaccato per tutta la giornata di ieri dalle opposizioni. Arturo Scotto (Pd) lo ha definito un attacco ai diritti dei lavoratori e alla magistratura, accusando la maggioranza di temere il salario minimo. Stefano Patuanelli (M5s) lo ha giudicato «abominevole» e ha chiesto il ritiro immediato. Anche Alleanza Verdi Sinistra si duramente, denunciando il rischio che i lavoratori perdano il diritto a far valere le differenze retributive arretrate per paura di ritorsioni. Secondo Marco Grimaldi e Tino Magni (Avs), l’emendamento esautora i giudici e favorisce le imprese.
Fratelli d’Italia, tramite Walter Rizzetto, ha fatto la difesa di ufficio del provvedimento e ha sostenutoc he punisce i contratti irregolari e tutela chi applica quelli rappresentativi. Rizzetto ha detto anche che la norma è in linea con la giurisprudenza e le pratiche europee. Il governo, secondo Fratelli d’Italia, vuole regole certe per un mercato del lavoro più legale. L’opposizione ha promesso battaglia parlamentare.