La luna di miele tra alleati nella giunta Rocca non è mai partita. Il presidente della regione Lazio, espressione delle sorelle Meloni con le quali ha un rapporto diretto, non è riuscito a governare gli appetiti del centrodestra locale sugli incarichi che gestiscono risorse e garantiscono pacchetti di voti. Ogni estate, con lunghe appendici invernali, il governatore rischia una crisi di maggioranza.

Un anno fa i giornali raccontavano le bizze di Forza Italia, che ha fatto mancare per mesi il numero legale pretendendo più posti in giunta, a scapito della Lega. E adesso si ripetono gli stessi titoli, con gli stessi protagonisti. Nonostante il mezzo rimpasto di febbraio scorso, quando Rocca aveva ceduto agli azzurri (che nel frattempo erano passati dai tre consiglieri dell’elezione a sette grazie a una vivace campagna acquisti ai danni di M5S e Lega) la delega all’Urbanistica, togliendola al Carroccio, poi ricompensato con la Protezione Civile, dopo l’ira del vicepremier Matteo Salvini e la mediazione della presidente del Consiglio in persona.

La crisi sembrava scongiurata anche se al costo del completo immobilismo della giunta, che non ha prodotto molto, mentre Rocca era impegnato a gestire le nomine scatenando continue polemiche. Come nel caso dell’Autorità portuale di Roma (che comprende Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta) dove il veronese Matteo Gasparato, considerato poco esperto, è stato preferito a Massimiliano Grasso, già candidato sindaco di FdI a Civitavecchia.

Appena le attività legislative si sono rimesse in moto, però, è ripartita la giostra degli alleati, sempre con Fi a fare da perno. Gli azzurri nel Lazio sono divisi in tre fazioni in lotta. Al momento quella del ministro degli Esteri Antonio Tajani non è maggioritaria. Al contrario: i consiglieri afferenti al senatore Claudio Lotito e quelli fedeli a Claudio Fazzone, potente coordinatore del partito nel Lazio e detentore di un corposo pacchetto di preferenze, al momento sono del tutto intenzionati a scalzare il segretario nazionale dal territorio. Al punto che diversi esponenti regionali berlusconiani hanno chiesto un rimpasto interno: cioè il ritiro dei due assessori Fi per sostituirli con altri nomi più rappresentativi degli equilibri interni del partito regionale. Dovrebbe quindi farne le spese la fedelissima di Tajani Luisa Regimenti, che ha la delega al Personale, alla Polizia locale, agli Enti locali e alla Sicurezza urbana e all’Università.

La questione naturalmente investe anche il governatore che, secondo il centrosinistra, è rimasto «imprigionato dai capricci delle terze file dei partiti di maggioranza». E si è visto solo due giorni fa, quando è stata approvata la discussa legge 171, una sostanziale deregulation cementizia che ha sanato molti appetiti e scatenato chi è rimasto digiuno. Il provvedimento ha avuto un percorso accidentato, anche per il cambio di assessore in corsa, e i contenuti, bocciati persino dagli uffici tecnici di via Cristoforo Colombo, sono stati più volte cambiati. L’opposizione aveva presentato oltre 5mila emendamenti, alla fine è riuscita a spuntarla con lo stralcio della norma sul cambio di destinazione d’uso dei cinema. Anche perché da Forza Italia hanno lasciato fare per dare uno scossone a Rocca e a FdI.

Le fibrillazioni non accennano a diminuire, tanto che alcune fonti interne alla destra descrivono un presidente più orientato per il futuro a un seggio in parlamento che al secondo mandato. Per le elezioni regionali c’è tempo, intanto il centrodestra laziale continua a scontrarsi nei territori: nel 2032 cadrà il centenario della fondazione della città di Latina. Il partito della premier (che amministra anche la città) tiene molto, per ragioni storiche, a questo anniversario ma, nonostante i corposi finanziamenti governativi, la fondazione è ancora al palo per le diatribe interne alla maggioranza.

Senza contare le pressioni di Antonio Angelucci sulla sanità: il deputato leghista ha armato da diversi mesi una campagna sul suo quotidiano Il Tempo contro la giunta laziale con articoli sempre molto duri sull’operato del governatore. Mentre Rocca scivola nelle classifiche dei presidenti di regione più apprezzati: è penultimo.