La Corte Europea richiama l’Italia sulla gestione dei migranti. È ora di chiederci: vogliamo davvero un’Europa solo quando ci fa comodo? Scopri di più su Alessandria today.
L’ennesimo scontro tra l’Italia e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo rilancia un dibattito mai sopito: siamo davvero un Paese europeista, oppure solo a corrente alternata? Il caso migranti riaccende i riflettori su una contraddizione di fondo che riguarda non solo l’Italia, ma anche altri stati membri: si sta con l’Europa quando conviene, si alzano muri e si invocano sovranità quando si toccano nervi scoperti.
Il richiamo della Corte Europea
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha richiamato l’Italia per la gestione di alcuni casi legati all’accoglienza e al trattamento dei migranti. In particolare, i giudici di Strasburgo hanno contestato misure ritenute lesive della dignità umana e non in linea con le convenzioni internazionali sottoscritte anche dal nostro Paese. Il nodo non è solo giuridico, ma anche profondamente etico e politico: può uno Stato membro dell’UE derogare ai principi fondamentali quando questi entrano in conflitto con le sue scelte politiche interne?
Doppio standard e appartenenza selettiva all’Europa
L’Italia non è l’unico Paese ad avere un atteggiamento ambiguo: Polonia, Ungheria e più recentemente la Francia in materia di respingimenti hanno manifestato tendenze simili. Tuttavia, il caso italiano fa rumore perché Roma spesso si propone come voce centrale nei tavoli europei, ma al tempo stesso contesta apertamente vincoli e sentenze quando contrastano con interessi politici nazionali. È legittimo restare in Europa a metà? Accettare i fondi, le regole economiche, ma rifiutare la tutela dei diritti quando non è politicamente vantaggiosa?
La crisi migratoria come specchio della coerenza europea
La gestione dei flussi migratori è senza dubbio una delle prove più complesse per l’UE. Ma se i trattati europei impongono rispetto per la dignità dell’uomo e per il diritto d’asilo, è evidente che respingimenti collettivi, trattenimenti prolungati e condizioni inadeguate nei centri di accoglienza pongono l’Italia e altri Paesi in una posizione difficile da giustificare. Non si tratta solo di umanità, ma di rispetto degli obblighi assunti: la credibilità europea passa anche dalla coerenza nel rispettare le regole, soprattutto quando sono scomode.
Una riflessione
Ogni Paese ha il diritto di difendere i propri confini e la sicurezza dei cittadini, ma quando si aderisce a una comunità come l’Unione Europea, lo si fa sottoscrivendo principi comuni. Non può esistere un’appartenenza a geometria variabile, un’Europa “a buffet” dove si scelgono solo i piatti graditi. La vicenda dei migranti e il monito della Corte Europea devono spingere la politica a un esame di coscienza, altrimenti rischiamo di delegittimare dall’interno l’unico progetto politico europeo capace di garantire pace e diritti dopo un secolo di guerre.
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