La notte dell’esplosione a Castel d’Azzano si è consumata una tragedia che, secondo la giudice per le indagini preliminari Carola Musio, era stata pianificata con lucidità e determinazione. L’ordinanza di convalida dell’arresto per Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi descrive un quadro inquietante: una casa trasformata in trappola mortale, un piano orchestrato per opporsi con violenza all’ordine di sgombero.
Un piano premeditato
Secondo la gip, l’innesco dell’esplosione è stato attivato da Maria Luisa Ramponi, che ha acceso un accendino in un ambiente saturo di gas e cosparso di benzina. Ma il gesto non è stato isolato: i fratelli Franco e Dino avrebbero avuto un ruolo attivo e consapevole, contribuendo materialmente e moralmente alla strage. Le loro azioni, le minacce ripetute e la preparazione dell’ambiente confermano, per il magistrato, la volontà di provocare un’esplosione devastante.
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La casa-fortino
Il casolare di via San Martino era stato trasformato in una vera e propria roccaforte: porte e finestre sbarrate, bombole di gas disseminate ovunque, bottiglie incendiarie pronte all’uso persino sul tetto della stalla. Le forze dell’ordine, già in passato, avevano rinunciato a entrare per timore di un’escalation. Il 18 novembre, durante una notifica del custode giudiziario, le bombole erano già state aperte.
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Le minacce e l’esplosione
La tensione è esplosa quando Dino Ramponi ha urlato: “Allarme, ci stanno attaccando”, dando il segnale alla sorella. Poco dopo, Maria Luisa ha acceso la fiamma. Le body cam dei carabinieri hanno registrato le urla: “Vi ammazzo tutti, bastardi”, seguite dall’onda d’urto che ha investito gli agenti. Tre carabinieri hanno perso la vita, decine di persone sono rimaste ferite.
Dopo il disastro
Nemmeno l’intervento del Prefetto e del vicesindaco era riuscito a far desistere i Ramponi. Dopo l’esplosione, Dino è tornato sul posto gridando: «Ve l’abbiamo fatta pagare», mentre Franco si era nascosto nei campi. Maria Luisa, ricoverata in terapia intensiva, avrebbe continuato a minacciare, dichiarando che altre bombole erano pronte.
Un conflitto che parte da lontano
Alla base della vicenda c’è una procedura esecutiva avviata nel 2018, legata a un prestito non restituito da Franco Ramponi. Da allora, ogni tentativo di accesso all’immobile è stato ostacolato da minacce e azioni intimidatorie.
La valutazione della gip
La giudice Musio evidenzia che il casolare non era isolato: altre abitazioni si trovano a meno di 50 metri. La potenza dell’esplosione e la consapevolezza del rischio per terzi confermano, secondo l’ordinanza, la pericolosità sociale dei tre fratelli. Per Dino e Franco è stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre Maria Luisa resta sotto sorveglianza in ospedale.