Un’altra batosta made in Haaland

(Paolo Tomaselli) Nemmeno il lusso di mezzo rimpianto, di mezza rivincita: il pane duro dei playoff attende l’Italia, che crolla nel secondo tempo sotto i quattro gol della Norvegia (non accadeva dal 1955 agli azzurri), dopo un primo tempo solo illusorio. Mancano 130 giorni alla prima delle (eventuali) due partite di playoff che potrebbero riportare l’Italia a un Mondiale, a dodici anni di distanza. 

Ma per adesso la Nazionale fa l’imbucata alla festa di Haaland e compagni e dei loro cinquemila tifosi, principe compreso, in una serata storica per i norvegesi, assenti dal 1998. Serve a poco dire che la squadra di Solbakken è la migliore tra le europee, a punteggio pieno e con una differenza reti di 32: il divario con l’Italia in due partite, è stato di 6 gol, imbarazzante a Oslo e anche a San Siro nell’ultima mezzora. Non per nulla, Gattuso chiede scusa.

Attorno al vantaggio quasi immediato di Esposito l’Italia non costruisce abbastanza, anche se sull’1-1 Dimarco va vicino al raddoppio. I cambi norvegesi e anche la comprensibile attenzione azzurra per evitare squalifiche in vista di marzo (con Bastoni, Barella e lo stesso Esposito ammoniti) scavano un burrone nel quale adesso non ha nemmeno troppo senso guardare, per non sprofondare nella negatività: squadre come la Norvegia al playoff non ci sono e bisogna togliersi di dosso quella paura «che fa pesare il pallone 100 chili» evocata dal c.t. Nel menu della semifinale del 26 marzo ci sono vecchi fantasmi come Svezia e Macedonia del Nord (che se la gioca col Galles), assieme a Romania e Irlanda del Nord. L’Italia giocherà in casa la prima gara e se vincerà, andrà in finale il 31 con sede da sorteggiare. Bosnia, Kosovo, Irlanda, Albania, Repubblica Ceca, Ucraina e Scozia al momento sono i possibili avversari.

Si può fare. Senza gettare via quello di buono intravisto nella gestione Gattuso, alla prima sconfitta con il primo avversario di rango, senza Calafiori, Tonali e Kean. A partire dal doppio centravanti, la vera innovazione di Rino, che l’ha varata grazie proprio a Kean. Anche la coppia Retegui-Esposito parte bene. E Pio segna il suo primo gol a San Siro in area come il maestro norvegese, che nel finale tiene la sua lezione con una doppietta. Dopo Meazza, Corso e Rivera a 20 anni e 154 giorni l’interista diventa il più giovane a segnare almeno tre gol in azzurro: il futuro non ce l’hanno solo gli altri, ma serve la consapevolezza di dover soffrire.

E l’Italia la lascia negli spogliatoi dopo un primo tempo in cui soprattutto i cambi di campo e la spinta sulle fasce funzionano bene. La Norvegia nella ripresa è un’altra cosa, pareggia presto con l’imprendibile Nusa e poi mostra al mondo Haaland, 16 gol in 8 partite di qualificazione, una girata e un tocco di esterno, dopo una partita anonima. Quando esce Erling, va in buca anche Strand Larsen e tutta la panchina norvegese, compreso l’infortunato Odegaard, entra in campo senza freni per celebrare l’appuntamento con la storia. L’Italia è ancora ferma in garage, a testa bassa.