Matteo giocherà il 250 di Hangzhou. Dopo i tanti infortuni e il ko al primo turno a Wimbledon (“Stavolta forse mi sono rotto anche la testa”), la svolta. Dopo un allenamento con Jannik


Federica Cocchi

Giornalista

10 settembre – 17:49 – MILANO

È il momento di ripartire. Con i suoi tempi, con i suoi modi, con piccoli ma importanti obiettivi. Matteo Berrettini volerà giovedì in Cina per tornare a giocare a tennis. Hangzhou Open, Atp 250. I primi segnali che qualcosa si stesse muovendo si erano visti una decina di giorni fa, con l’ex numero 6 al mondo visto ad allenarsi all’Aniene. Allenamenti duri, documentati anche da qualche piccola anticipazione sui social, tra un selfie con Kevin Durant al concerto di Drake a Milano, e uno dopo la palestra, grondante di sudore. Matteo ci ha abituato così, a spargere piccoli segnali come Pollicino con le molliche di pane. Sta a chi lo segue capire, interpretare, provare a immaginare a che punto sia il percorso del finalista di Wimbledon 2021. 

stanchezza fisica e mentale—  

Proprio a Wimbledon, quest’anno, Berrettini aveva lanciato segnali preoccupanti, sia in campo che fuori. Le sue parole dopo la sconfitta al primo turno contro Majchrzak, cinque set un po’ combattuti e un po’ no, quasi che si stesse sabotando, quasi fosse lui il primo a voler tornare a casa, erano state allarmanti. Come lo era stato il suo atteggiamento in campo: “Ho bisogno di prendermi un po’ di tempo lontano dal tennis – aveva detto con fermezza -, per capire dove voglio andare. Mi sono rotto più di una volta in questi anni, e forse stavolta mi sono rotto anche la testa”. Inteso come breakdown mentale, dopo le ennesime speranze stroncate da un acciacco. In Australia Berrettini aveva ricominciato la stagione finalmente dall’inizio, come non gli accadeva da anni, e aveva subito messo in chiaro le sue intenzioni: “Sì, l’erba è la superficie dove ho avuto grandi gioie, amo l’ambiente, il profumo dei campi, l’atmosfera. Ma stavolta voglio proprio godermi la stagione sulla terra”. In altre parole: giocare gli Internazionali, il torneo di casa, a cui non riusciva a partecipare da quattro anni. A Montecarlo aveva fatto sognare battendo Zverev dopo una dura battaglia, a Madrid, però, un problema fisico lo aveva fermato a metà torneo. Subito si era rimesso a lavorare per recuperare in tempo. Con qualche dubbio aveva deciso di affrontare gli Internazionali, sia in doppio col fratello Jacopo (“Il sogno della nostra vita”), che in singolare. Un esordio vincente e osannato dal “suo” Centrale del Foro Italico. Un pieno di emozioni che però, al secondo turno, si è schiantato contro la realtà di un altro infortunio. L’uscita di scena in lacrime contro Casper Ruud, ancora una delusione, la voglia di riprovarci magari a Wimbledon, luogo magico che lo aveva sempre rivitalizzato, anche nei momenti più bui. 

l’allenamento con Jannik—  

Nemmeno l’erba medica di Church Road, però, aveva dato gli effetti sperati: “Dopo Roma ho passato settimane difficili – ha raccontato a Londra -, non sapevo se tornare o no. L’ho fatto ma non sono riuscito a trovare le energie per stare in campo, o almeno per farlo come voglio io. Non mi riconoscevo. Fondamentalmente sono stanco, stanco di rincorrere sempre qualcosa e non raggiungerla mai”. Ma quando l’amore chiama è difficile tapparsi le orecchie e il cuore. In questo caso l’amore per il tennis, per la competizione sono tornati a farsi sentire e, passo dopo passo, Matteo ha ricominciato a sudare sul campo. Senza aspettative, senza rincorse. Un allenamento a fine luglio a Montecarlo con Sinner, l’amico-collega con cui lo scorso anno ha confermato il titolo in Davis, scambi intensi e qualche parola come si fa tra persone che si vogliono bene. Nessun consiglio, a volte basta ascoltare, come ha saputo fare Berrettini nei momenti difficili di Jannik. Quella giornata è stata il soffio che ha saputo ravvivare la brace di Matteo fino a che, pian piano, il fuoco si è riacceso. Non è ancora un falò impetuoso, è una fiamma che va alimentata e protetta. Un soffio alla volta.