Se tutti i film di Downton Abbey hanno sottolineato a più riprese quanto il mondo stesse cambiando e quanto l’aristocrazia dovesse fare un passo indietro nei confronti della borghesia emergente – una dinamica raccontata benissimo anche ne Il Gattopardo -, questo gran finale, anziché ricalcare in maniera didascalica il concetto, ha scelto di metterlo in pratica in maniera più sottile, facendo sì che Lord Grantham acconsentisse a lasciare (finalmente) Downton Abbey alle cure di Mary, eletta fin dalla serie come il nome all’avanguardia capace di guidare la famiglia e la tenuta nel nuovo secolo. Attraverso il sapiente utilizzo dell’ironia puntuta tipicamente britannica cui il creatore e sceneggiatore della serie Julian Fellowes ci ha abituato fin dalla prima puntata – la battuta sull’amante turco di Mary è un capolavoro solo per chi ha seguito tutti gli episodi della serie – , quest’ultimo film è riuscito non solo a portare i personaggi a nuovi traguardi di vita – memorabile, per esempio, il dialogo tra la signora Patmore, la cuoca pronta ad andare in pensione, e la governante Hughes, che l’ha rassicurata sul fatto che il sesso, a discapito della pressione che metta a molte donne, sia anche estremamente divertente – ma anche a farci scendere una lacrimuccia.
Rory Mulvey