In Nepal, il divieto imposto dal governo sull’utilizzo dei principali social media ha scatenato un’incredibile ondata di proteste giovanili, con un bilancio di 21 morti e centinaia di feriti. Il provvedimento, annunciato dal primo ministro Sharma Oli e revocato ieri sera, prevedeva il blocco di 26 applicazioni e siti tra cui Facebook, Instagram, WhatsApp, YouTube, X, LinkedIn e molte altre. Giustificato come misura necessaria perché le compagnie avevano ignorato ripetuti inviti a registrarsi presso il Ministero delle Comunicazioni e Tecnologia dell’Informazione, come previsto dalle nuove regole. Solo alcune piattaforme avevano rispettato la registrazione, restando accessibili, mentre milioni di nepalesi si sono improvvisamente trovati tagliati fuori dai principali strumenti di comunicazione quotidiana, con messaggi di errore come “Impossibile raggiungere il sito” o “Safari non può connettersi al server”.