In Francia, nella seconda notte di proteste, fumogeni color fuoco illuminano le strade delle città piene di manifestanti. In prima linea, giovani incappucciati formano cordoni sfidando le forze dell’ordine, armate di scudi, manganelli e gas lacrimogeni. Subito dopo le dimissioni annunciate lunedì dal Premier Bayrou, il ministro degli Interni Retailleau ha annunciato di aver schierato 80 mila uomini tra gendarmi e poliziotti. Le proteste sono partite dalla capitale, Parigi, prima di estendersi a tutto il paese. Questa volta lo slogan che risuona tra le piazze, ricolme di persone che discutono sulle ragioni della protesta, è: “Blocchiamo tutto”. A tre giorni dall’inizio dei disordini sono diversi gli arresti per resistenza a pubblico ufficiale e associazione a delinquere finalizzata alla commissione di atti di violenza o danneggiamento.
Chi sono i e cosa vogliono i “Bloquons Tout”
Le proteste non sono legate direttamente all’elezione del nuovo Primo Ministro, sono state organizzate diverse settimane fa e sono state confermate perché “anche se cade un governo, i problemi restano”. Ad aderire al movimento “Bloquons tout”, molti giovani studenti che protestano contro l’abolizione dei due giorni festivi, contro la sospensione dell’adeguamento delle pensioni pubbliche all’inflazione per il 2016, contro i super ricchi non tassati, contro il riarmo del paese e in sostegno alla causa palestinese. Secondo le dichiarazioni del Ministero dell’Interno, alle manifestazioni hanno partecipato più di 170 mila persone e sino ad ora sono più di 540 gli arresti effettuati – riporta Le Figaro – la maggior parte dei quali nella capitale. Per cercare di limitare i danni diversi musei sono stati chiusi, così come centri commerciali e istituti scolastici. Tra le forze politiche che hanno ampiamente criticato l’operato del Presidente, il Rassemblement National di estrema destra e La France Insoumise, il cui leader Jean-Luc Mélenchon ha accolto con grande favore il successo delle manifestazioni. Sul suo blog, il leader di uno dei partiti più affermati della sinistra francese, aveva chiesto con forza il sostegno a questa mobilitazione e ha elogiato la modalità di azione “autorganizzata” spesso vista all’opera durante le giornate di mobilitazione. Le Figaro, riportando un’indagine sui movimenti di protesta effettuata dall’Osservatorio d’Opinione della Fondazione Jean Jaurès, ha evidenziato che nonostante i manifestanti del 10 settembre ritengono (come la stragrande maggioranza dei francesi) che le loro idee non siano rappresentate dal sistema politico, il movimento “rivendica il diritto a contrastare le disuguaglianze e un sistema che non garantisce giustizia sociale”. Allo stesso tempo – ha evidenziato Antoine Bristielle, politologo che lavora per il Think Thank – i giovani del movimento, che provengono in gran parte dalla sinistra radicale, esprimono una posizione pro-immigrazione e un approccio molto liberale alle questioni culturali.
Il movimento anti èlite “Les Essenntiels”
Tra i manifestanti del 10 settembre, anche un gruppo anti-sistema sovranista – fondato da Julien Marissiaux – che ha acquisito un certo seguito. Si legge sul gruppo Telegram del movimento nato a maggio: “Il 10 settembre 2025, la Francia si ferma: basta dimissioni, basta divisioni. Quel giorno, una sola voce si leva: quella dei cittadini francesi “. Il piano del fondatore, intitolato “Francia Sovrana”, prevede l’assunzione del debito da parte del popolo, l’uscita dall’Unione Europea, uno shock di giustizia salariale e persino un massiccio piano di delocalizzazione produttiva.
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Cosa è successo negli ultimi giorni
Lunedì 9 settembre il Primo Ministro Bayrou ha rassegnato le sue dimissioni dopo essere stato sfiduciato dall’Assemblea Nazionale francese. Le mobilitazioni sono iniziate poche ore dopo la nomina da parte del Presidente Macron di Sebastien Lecornu, ex ministro delle forze armate, come nuovo Premier. Il primo cittadino del paese non ha perso tempo ma resta il fatto che il malcontento nei suoi riguardi è sempre più evidente: sono 80 i deputati che hanno firmato una mozione di sfiducia nei suoi confronti depositata proprio martedì. Le ragioni che hanno spinto i francesi a manifestare sono legate anche quindi anche alla crisi finanziaria che i cittadini cercano di contrastare da ormai troppi anni. Ma non solo. In strada oggi ci sono più giovani che nel 2018 e questo sta ad indicare che le ragioni legate alle proteste vanno oltre alle difficoltà economiche che i francesi stanno vivendo. Non è un caso, infatti, che in questi giorni molti spazi universitari della capitale siano occupati da assemblee, che gli scioperi siano particolarmente diffusi nel pubblico e nel privato e che i cortei in strada continuano a moltiplicarsi: da Parigi a Montpellier, da Marsiglia a Rennes.
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