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11 settembre 2025
Armi chimiche nascoste negli aiuti umanitari per Gaza. A lanciare l’allarme è stata il 28 giugno 2011 l’ambasciata degli Stati Uniti a Tel Aviv. I diplomatici americani di stanzain Israele avvertivano la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato che alcuni componenti dell’organizzazione turca Ihh, la «Fondazione peri diritti dell’uomo, delle libertà e l’aiuto umanitario» che aveva organizzatola Freedom Flotilla bloccata il 31 maggio 2010, si preparavano a far parte di una nuova spedizione «insieme ad altri attivisti arabi e musulmani». Vengono informate dodici ambasciate degli Stati Uniti in Medio Oriente, da Ankara a Beirut, Amman e Riyadh ma anche il Ministero degli Esteri italiano.
L’allarme spedito alla Farnesina ha un motivo chiaro. «Due di questi attivisti- scrivono i funzionari americani – hanno noti legami con Hamas: Abu Rashad, l’ex capo di una charity in Olanda chiusa per finanziamento al terrorismo, e Mohammad Hannoun dell’italiana Abspp Foundation, che Israele ritiene anche coinvolta nel finanziamento del terrorismo». La segnalazione «indica pure che gli organizzatori della flottiglia potrebbero stivare a bordo sostanze chimiche per usarle contro i soldati se saliranno sulle navi», recita il rapporto inserito nel dossier desecretato dalla Cia riguardo l’incidente della «Mavi Marmara». Cinquecentoventisette pagine che raccolgono telex inviati da 007, diplomatici e funzionari statunitensi riguardo l’assalto che mise fine al viaggio della spedizione messa su dai turchi quindici anni prima per forzare il blocco navale organizzato da Israele nella Striscia e consegnare farmaci e medicinali. Quella spedizione fallì per l’intervento dei militari dell’Idf. E «i soldati» contro cui potrebbero essere usate le sostanze chimiche sono proprio quelli dell’Idf. La flotilla ora capitanata da Greta Thunbergvuole essere la continuazione di quella missione finita nel nulla quindici anni fa. Ma la giovane attivista svedese e i suoi compagni forse non sanno che dopo l’intercettazione della spedizione turca, l’8 luglio 2010 venne diffusa la notizia che a forzare il blocco a Gaza ci avrebbe provato l’associazione dei Palestinesi in Italia, di cui era già uno dei leader Mohammad Hannoun, l’architetto protagonista dell’inchiesta de «Il Tempo» sanzionato dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti perché ritenuto tra i finanziatori di Hamas.
La nuova spedizione venne ribattezzata «Freedom Flotilla 2». Avrebbe dovuto essere composta da venti imbarcazioni e cinquemila passeggeri con sei bastimenti già pronti a partire per settembre. «Hannoun – riporta il dossier – è anche il fondatore della «Benevolent association of Solidarity with Palestinian People (Abspp), basata a Genova e probabilmente affiliata ad Hamas che sta convogliando fondi per la flottiglia attraverso il proprio sito web». Ma non ci sono soltanto soldi in ballo. Perché due attivisti palestinesi, collegati ad Hannoun e all’«olandese» Rashad potrebbero stivare sostanze chimiche, in particolare zolfo, «su navi che trasportano passeggeri francesi e americani». «Il quadro che emerge è che alcuni partecipanti alla flottiglia puntano ad uno scontro violento», riporta la relazione inviata al Comando centrale delle Forze Armate Usa a Mac Dill, in Florida, al Comando delle Operazioni Speciali in Europa, e ai governi di Londra, Parigi e Roma.
Le imbarcazioni sarebbero dovute salpare dalla Grecia. Mentre Israele discute di come sequestrarle, di come fermare il carico di sostanze tossiche, una delle navi viene sabotata all’ormeggio nel porto del Pireo. Partenza annullata. Ci riprova una nave irlandese. Altro sabotaggio. Intanto Hannoun in Italia prosegue le attività a sostegno della Palestina. Entra in relazione con politici, soprattutto della Sinistra, fa propaganda e ottiene sostegno. Diventa un punto di riferimento, è preparato, spigliato, pronto nelle risposte e nelle proposte. Otto anni dopo il Dipartimento del Tesoro americano scriverà che «l’Associazione Benefica di Solidarietà per il Popolo Palestinese è un ente fittizio che apparentemente raccoglie fondi per scopi umanitari, ma in realtà contribuisce a finanziare l’ala militare di Hamas» e ha inviato «almeno quattro milioni di dollari in dieci anni».