Il 15 luglio 2025 la rivista Annals of Internal Medicine ha pubblicato uno studio condotto in Danimarca con l’obiettivo di valutare se l’esposizione ad adiuvanti a base di alluminio contenuti nei vaccini nei primi due anni di vita fosse associata a un aumento di rischio di autismo, disturbi dello sviluppo, allergie o malattie autoimmuni.
Lo studio si è basato sull’analisi retrospettiva dei dati di circa 1,2 milioni di bambini nati tra il 1997 e il 2018, ricavati dai registri nazionali di vaccinazione e di salute. I ricercatori hanno stimato la dose cumulativa di alluminio ricevuta con le vaccinazioni e hanno confrontato i tassi di circa 50 condizioni croniche tra gruppi di bambini esposti a quantità diverse.
Limiti intrinseci del disegno
Già nella struttura emergono criticità importanti:
- Nessun vero gruppo di controllo: i bambini completamente non vaccinati (circa 15.000 nel dataset) non sono stati utilizzati per il confronto, con la motivazione che differivano troppo per comportamento sanitario. In realtà, proprio questo confronto avrebbe potuto offrire un riferimento più chiaro.
- Follow-up breve: la maggior parte delle analisi si ferma a circa 5 anni di età, insufficiente per disturbi neuro-sviluppo o autoimmuni che spesso si manifestano più tardi.
- Esposizione stimata e non misurata: l’alluminio non è stato dosato direttamente con biomarcatori biologici (sangue, urine, capelli), ma solo dedotto dal tipo di vaccini somministrati.
- Esclusioni selettive: oltre 34.000 bambini sono stati eliminati dall’analisi per “dosi implausibili”, così come i decessi e le diagnosi precoci, con il rischio di rimuovere proprio i soggetti più vulnerabili riducendo possibili segnali di rischio
- Possibile bias di selezione: famiglie con bambini fragili tendono a vaccinare meno o a vaccinare in ritardo, creando differenze sistematiche difficili da correggere.
- Scarsa trasparenza: i dati grezzi non sono disponibili a ricercatori indipendenti.
La pubblicazione e la correzione dei dati
Al momento della pubblicazione, il 15 luglio, furono caricati materiali supplementari incompleti: mancavano dati relativi ad alcuni contatti ospedalieri psichiatrici. Due giorni dopo, il 17 luglio, la rivista ha sostituito quei file con la versione corretta.
Proprio in questi materiali “corretti” emergono analisi secondarie che mostrano un possibile aumento di diagnosi di disturbi neuro-sviluppo, incluso l’autismo, nei bambini esposti a dosi cumulative più elevate di alluminio rispetto a quelli con esposizione moderata (circa 9,7 casi in più ogni 10.000 bambini nella fascia 2–5 anni).
Gli autori hanno minimizzato queste evidenze, definendole analisi instabili, e hanno escluso alcune coorti (nati prima del 2002), con la conseguenza di eliminare oltre un terzo del gruppo di confronto e far scomparire la significatività statistica. Questa scelta è stata ritenuta da diversi esperti come poco giustificata.
La risposta del ricercatore principale
Il responsabile dello studio, Anders Hviid, ha respinto le richieste di ritrattazione avanzate anche dal Segretario alla Salute statunitense Robert F. Kennedy Jr., sostenendo che:
– Le critiche non mettono in discussione il nucleo metodologico del lavoro.
– I non vaccinati sono troppo pochi per costituire un confronto affidabile.
– L’errore dei supplementi è stato solo un problema amministrativo.
– Lo Statens Serum Institut non produce più vaccini dal 2017, riducendo i sospetti di conflitto diretto.
La rivista *Annals* ha confermato questa linea, chiarendo che secondo le linee guida internazionali una ritrattazione è giustificata solo in presenza di errori gravi che invalidano i risultati o di frode scientifica, elementi non riscontrati.
Cosa resta aperto
Lo studio danese, pur offrendo dati su una coorte vastissima, non è sufficiente a chiudere il dibattito.
– Non esclude rischi piccoli o tardivi.
– Non chiarisce il ruolo delle esclusioni nel ridurre possibili segnali.
– Non fornisce dati diretti di esposizione biologica all’alluminio.
Questa vicenda mostra come anche studi di grande risonanza possano avere limiti strutturali e conflitti di interesse tali da ridurne la portata conclusiva.
Per valutare davvero la sicurezza degli adiuvanti a base di alluminio servono:
– studi prospettici con biomarcatori reali,
– coorti inclusive anche dei non vaccinati,
– follow-up decennali,
– piena trasparenza nell’accesso ai dati e nelle dichiarazioni di finanziamento.
Solo così si potrà dissipare i dubbi e fornire risposte affidabili e indipendenti alla popolazione.