Lo spunto per scrivere questo articolo ce lo ha dato la nuova Addict, presentata da Scott a inizio settembre 2025.
Ne abbiamo già parlato qui, nel video legato a questo articolo ce ne parla il più illustro degli ambassador Scott, Vincenzo Nibali, ed in fondo è bici che esprime bene quella separazione sempre più labile che esiste oggi nell’ambito dei vari segmenti di bici presenti sul mercato.
Ci spieghiamo meglio facendo un salto indietro nel tempo. La situazione, fino a una decina di anni fa era sicuramente più delineata e chiara: c’erano le classiche bici “race”, o se preferite quelle che i corridori utilizzano in corsa.
E le bici “endurance”?
All’interno delle bici race c’era poi la sottocategoria altrettanto definita delle bici “aero”, anche questa contraddistinta da caratteristiche tecniche specifiche e con un buon margine di codificazione.
La Roubaix, “decana” tra le bici endurance: monta di serie il Future Shock, un ammortizzatore integrato nel tubo sterzo
Al di fuori dell’ambito c’erano poi le bici “endurance”, o se preferite da granfondo, quelle che i corridori utilizzavano eccezionalmente solo alla Parigi-Roubaix. Sì, perché le bici endurance avevano caratteristiche tecniche e (soprattutto) geometriche ad-hoc, adatte più che altro per l’utenza amatoriale, per i ciclosportivi evoluti o per chi voleva un assetto comodo e una guida non troppo nervosa.
L’allestimento 01X della Bmc RoadMachine può montare pneumatici fino alla 40 mm ed è espressamente dedicata (anche) agli sterrati leggeri. Ma è formalmente inclusa nella linea Endurance del marchio elvetico
La rivoluzione gravel
Poi, tra il 2016 e il 2017, ha cominciato a cambiare tutto: è stato prima di tutto l’avvento del disco nel mondo delle bici da asfalto a dare il là alla nascita del segmento delle gravel, che a livello di mercato possiamo considerare vera e propria rivoluzione rispetto a come eravamo abituati a classificare le bici destinate alla strada (o al massimo allo sterrato “facile” e al pavè).
Che le bici gravel abbiano presto guadagnato consensi e attirato nuovi bacini di pubblico non è né un caso né una moda: questo è proprio in virtù della loro natura meno specialistica, nel senso di mezzi capaci di affrontare una miriade di terreni, sia su asfalto che in fuoristrada.
Non è un caso che in termini pratici il gravel abbia trovato terreno fertile soprattutto tra praticanti non agonisti, che abbia sviluppato una natura più prettamente votata all’avventura, all’“unsupported”, al viaggio e non al “racing”, proprio perché è disciplina che potenzialmente si rivolge a tutti, compresi i tantissimi che non hanno competenze, allenamento e vocazione per la competizione.
E via allora con la nascita di un altro segmento, a sua volta suddiviso in due segmenti, quello delle gravel che noi siamo soliti chiamare “gravel adventure” e quello delle “gravel race”.
Altro modello “storico” del segmento endurance, la Cannondale Synapse oggi in commercio continua ad investire molto sulla capacità del telaio di flettere verticalmente per assorbire le vibrazioni
Il gravel race che piace ai produttori
Il paradosso al quale stiamo assistendo è che, nonostante a fare gravel agonistico sia essenzialmente una minima parte del mondo dei gravellisti, oggi i produttori stanno spingendo tanto in questo sottosegmento. Se questo accade è per due motivi: il primo è perché le loro gravel race sono bici di riferimento dal punto di vista tecnologico, di solito sono quelle in possesso di un bagaglio tecnico più importante sul quale i produttori non possono che investire (anche in promozione e pubblicità).
Il design sa molto della top bike da competizione TCR Advanced, ma sulla Defy di Giant la tolleranza massima coperture arriva fino alla 40 millimetri! E la geometria è orientata al comfort.
Ma non è solo questo: le gravel race di oggi hanno caratteristiche tecniche che le rendono comunque estremamente versatili in base a come le si va a montare e configurare: ci riferiamo in primis alla tolleranza coperture, ovvero il parametro essenziale per definire le caratteristiche del mezzo, elemento capace di andare ben oltre le differenze che ti può dare un tipo di carbonio usato oppure un angolo di sterzo di un grado più o meno aperto, eccetera.
La situazione odierna è quella di bici gravel race che hanno tutte una tolleranza coperture che arriva almeno a 45 millimetri, in moltissimi casi anche 50.
Il fatto è che poter montare una gomma da “50” ti consente di rivoluzionare la natura del mezzo, ad esempio rispetto ad un ipotetico set up in cui monti delle “38” o delle “40”.
Questo, ancora una volta, consente di destinare bici che formalmente nascono per il gravel agonistico anche a chi cerca modelli e una tipologia di pratica più rilassate, più orientate al piacere del viaggio o anche al bikepacking.
È esattamente per questo motivo che, rispetto a qualche anno fa, sul mercato troviamo meno modelli di gravel che poco sopra abbiamo codificato come “adventure”, perché in fondo proprio le gravel race, loro e il loro passaggio ruota generoso, hanno in parte canniballizzato quel sottosegmento.
Gravel race, granfondo ed endurance
In fondo è lo stesso processo che si è verificato sul confine opposto, quello che separa le gravel race e le bici da granfondo: tante delle prime hanno eroso spazio commerciale alle bici da granfondo classiche, che, da parte loro, hanno continuato a far propri elementi tecnici figli della nuova modalità di concepire la bici “all road”; ci riferiamo appunto all’impiego di gomme sempre più grosse, a cerchi dal canale sempre più ampio e a una predisposizione più o meno marcata per il montaggio di accessori di bikepacking.
Tornando da dove eravamo partiti, questo discorso calza a pennello se appunto si va a considerare la nuova Scott Addict, questa ha diverse caratteristiche tecniche che potrebbero tranquillamente permetterci di assimilarla a una bici gravel, seppur con un passaggio ruota (relativamente) limitato rispetto a ciò che oggi si usa assegnare alla categoria.
Ma al di la delle specifiche denominazioni o classificazioni, però, quel che conta è che, sia le cosiddette “gravel”, sia le cosiddette “bici endurance” come potrebbe essere la Addict, hanno oggi caratteristiche tecniche che permettono di personalizzare, di cambiare il carattere e lo spirito molto più di quel che si poteva fare con tutte le bici da asfalto fino a una decina di anni fa.
E in fondo, è proprio questo ciò che più conta e serve al praticante.