Numeri da record per l’industria e crescita nei servizi, trainati dai contratti a tempo indeterminato e dagli over 50, mentre tengono agricoltura e costruzioni. Guardando ai settori principali dell’economia italiana il quadro che emerge dai dati Istat sull’occupazione nel secondo trimestre dell’anno è nel complesso di avanzamento rispetto sia al trimestre precedente che a un anno fa. Anche se la crescita degli stipendi è ancora insufficiente a colmare l’inflazione degli ultimi anni e il gap con gli altri grandi Stati Ue. Gli occupati nell’industria in senso stretto tra aprile e giugno erano 4 milioni e 822mila, toccando il livello più alto dal quarto trimestre del 2008. Rispetto allo stesso periodo di un anno fa sono 84mila persone al lavoro in più. Positiva anche la dinamica nei servizi, con 16 milioni e 874mila occupati, in aumento di circa 100mila persone in un anno. 

In agricoltura si contano invece 813mila occupati, sostanzialmente sui livelli del trimestre precedente, così come nelle costruzioni, con un milione e 660mila addetti. Su base annua la crescita delle posizioni lavorative è pari allo 0,8% nell’industria, trainata dai contratti a tempo pieno (+1%) a fronte del lieve aumento della componente part-time (+0,1%). L’aumento delle posizioni è più accentuato nei servizi (+2%). 

LA DOMANDA
Rispetto al primo trimestre però, rallenta lievemente la dinamica positiva della domanda di lavoro. Al netto degli effetti stagionali, comunque, l’aumento delle posizioni nell’industria è dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. Cresce sempre dello 0,2% la componente a tempo pieno e rimane stabile quella part time. 
L’aumento dei posti di lavoro disponibili nei servizi privati è dello 0,4% (in particolare dei contratti part-time). Prosegue poi la crescita del lavoro precario intermittente o a chiamata (+6,1% su base annua e +1,9% rispetto ai tre mesi prima), soprattutto nel settore dei servizi sociali e personali (dalle colf, alle baby sitter, passando per l’assistenza sanitaria). Qui la crescita rispetto ai tre mesi prima è addirittura del 6,7%.
Gli alberghi e ristoranti si confermano poi il settore con l’intensità lavorativa più bassa (22,6 unità equivalenti, questa l’unità di misura utilizzata dell’Istat). Rispetto al 2024 il monte ore lavorate (al netto degli effetti di calendario) cresce sia nell’industria (+0,3%), che nei servizi (+1,4%). Nel secondo trimestre 2025, le imprese industriali e dei servizi privati hanno quindi utilizzato 6,7 ore di cassa integrazione ogni mille ore di lavoro, dato in calo di 0,8 ore in un anno. 

L’incidenza delle ore di straordinario sulle ore lavorate, al 3%, è invece in aumento dello 0,1% su base annua. Il tasso di posti vacanti, che le aziende faticano a trovare, al netto degli effetti stagionali, è poi nel complesso pari all’1,8% (dato invariato rispetto al trimestre precedente).

I SALARI
Infine, quanto agli stipendi, rispetto al secondo trimestre 2024, aumentano in particolare quelli nel settore delle attività finanziario-assicurative (+6,5%), della fornitura di energia e gas (+5,4%) e della sanità e assistenza (+4,3%). Nell’istruzione la crescita è invece del 2,6%. Si riduce così la perdita del potere d’acquisto registrata negli ultimi anni. Dal 2019 a oggi l’inflazione accumulata è di circa il 18% e gli stipendi netti, in media, sono saliti di circa il 16,9% (considerando anche la riduzione dell’Irpef e il taglio del cuneo fiscale, che però in alcuni casi han fatto scattare un aumento delle tasse, vanificando il vantaggio, il cosiddetto “fiscal drag”). Lo stipendio medio italiano è di circa 33mila euro lordi l’anno, contro i quasi 45mila della Francia e i 63mila della Germania (da tarare, comunque, con il costo della vita).


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