Violenza sulle donne

I dati: almeno una donna incinta su dieci subisce violenza

La picchiava anche se incinta. La picchiava tutti i giorni. Le lanciava addosso di tutto, la tirava per i capelli, la sbatteva contro il muro. Le dava calci sulla pancia. Fino a quando per le botte ha perso il bimbo che aveva in grembo. Un inferno finito solo quando ha trovato la forza di denunciarlo

È una delle storie di dolore – finita un paio di anni fa con la condanna dell’uomo, veronese, per maltrattamenti aggravati dall’uso di droga- che accadono anche a Verona: la violenza su future mamme, o nel post partum, da parte dei compagni non è rara. Rimane sommersa, ma c’è.

Secondo l’Istat in Italia il 10 per cento delle gestanti subisce violenze dal partner e, in oltre il 70 per cento dei casi, l’intensità delle aggressioni cresce proprio nel periodo dell’attesa di un figlio: addirittura nel 6% gli episodi iniziano proprio dopo il concepimento.

L’Oms – l’Organizzazione mondiale della sanità – indica che capita ad una gestante su 4: la violenza più frequente è psicologica (26%), poi fisica (10%) e sessuale (9%). Dati allarmanti che confermano l’urgenza di interventi mirati come quelli dell’Università di Verona previsti dal progetto europeo I-Cope. 

Avviato in giugno «per proteggere i vulnerabili», spiega Simone Garzon principal investigator per l’ateneo scaligero, con la partecipazione dei professori Stefano Uccella e di Valeria Donisi, in collaborazione con Aoui (Lidia Del Piccolo), «si propone di sviluppare strumenti innovativi di prevenzione, identificazione ed intervento. Rappresenta un’opportunità unica per migliorare il modo in cui nella pratica clinica viene affrontata questa tematica così delicata e spesso sottovalutata. Garantirà strumenti per l’assistenza ostetrica, con percorsi capaci di favorire l’individuazione precoce della violenza e offrire protezione alle vittime, prevenendo nuovi episodi».

Non solo, «aiuterà anche ad individuare coppie a rischio e supportare i futuri genitori nell’affrontare i cambiamenti legati alla gravidanza e alla genitorialità».

I-Cope, che durerà due anni, coinvolge università (quella scaligera, di Brescia e quella della Danimarca del Sud) oltre all’Aoui, ha il supporto del Comune di Verona, dell’Ordine provinciale delle Ostetriche e di alcune associazioni locali.

«Tra le azioni previste dal progetto», spiegano dall’ateneo, «ci sono la revisione degli attuali strumenti di rilevazione, il loro adattamento ai contesti locali e lo sviluppo di un sistema digitale di screening precoce capace di individuare diversi tipi di violenza già nelle prime fasi della vita familiare. «L’obiettivo è duplice», spiegano gli ideatori, «dare aiuto concreto e protezione alle vittime e bloccare la reiterazione degli episodi intervenendo tempestivamente sui partner violenti». 

La giovane veronese incinta che per le botte del futuro-papà, anni fa, ha perso il bimbo che teneva in grembo, aveva raccontato al giudice che all’inizio della convivenza le violenze si verificano settimanalmente ma poi si erano via via intensificate al punto da diventare praticamente quotidiane. A difenderla, ogni volta, era il figlio primogenito della coppia (minorenne) che assisteva regolarmente alle aggressioni e la sottraeva alla furia dell’uomo.