di
Andrea Galli
Il 24enne arrestato per la detenzione di tre pistole. Da Neima Ezza e Simba La Rue a Rondodasosa: gli amici veri e i conoscenti presunti pronti a saltare sul carro d’oro della fama millennial
Tante pistole sovente esibite e tante preghiere fra scantinati e capannoni trasformati in moschee; compagni di giro (anche) fin dalle stagioni anonime e povere dei palazzi milanesi della vecchia San Siro e poi, divenuti famosi e ricchi ma soprattutto pregiudicati, compagni d’ora d’aria in prigione in quel Beccaria luogo di torture per mano e pugni delle guardie; in maggioranza il Nordafrica — nella geografia quasi per intero rappresentato, dal Marocco all’Egitto manca la Libia soltanto — come punto d’avvio dell’emigrazione dei genitori che vennero, a volte crearono una famiglia per disfarla e altre volte han sopportato, brava gente di rispetto.
Insomma Zaccaria Mouhib alias «Baby Gang», fra i massimi rapper italiani, giovedì di nuovo arrestato appunto per vicende di armi, e i suoi amici. Colleghi. Sempre insieme. Troppo insieme?
La fede, si diceva. «Baby Gang», 24 anni, è credente, musulmano fervido e attivo, e quella islamica è una coordinata del legame con «Sacky», Sami Abou el Hassan d’un anno minore, nel tempo accusato di vilipendio e istigazione a delinquere col medesimo «Baby Gang» e lesioni con Amine Ezzaroui «Neima Ezza», 23 anni, figlio d’un ambulante e di una casalinga, due sorelle delle quali una disabile, gli esordi d’esistenza urbana laggiù — davvero un luogo altro rispetto al resto di Milano, onta di generazioni di politicanti e amministratori—: San Siro, ma certo, sì, ambiente di sofferenza e insieme d’innesco creativo pure di «Rondodasosa», il 23 anni Mattia Barbieri, italiano di Magenta di cui si dice sia il più sveglio muovendosi come s’è mosso all’estero specie sul mercato britannico.
Pensare che «Baby Gang», a una semplice analisi del suo progressivo appeal nel mondo sudamericano, dell’impressionante crescita di fan, dello sfondamento di ascolti delle canzoni sulle piattaforme online, potrebbe spaccare il mondo.
Invece niente, rimane inchiodato, è titolare già di una fedina penale che perfino disorienta, gonfia di episodi, di addebiti, di attesa di processi, di provvedimenti di limitazioni della libertà, rievocando l’identica genesi delinquenziale di Renato Vallanzasca. Voci dall’ambiente: questo «Baby Gang» ha una cerchia famelica e accecata dal denaro, fa macinare soldi su soldi, spuntano presunti conoscenti che saltano sul carro d’oro. E lui, nel frattempo, non ne esce, non ci riesce, non vuole. Prigioniero? Scrisse lo psichiatra P. chiamato a visitarlo in galera: «Ha la necessità di interpretare al meglio il proprio personaggio».
Sputando addosso al talento, alle opportunità ricevute; Zaccaria sosta in eterno sul precipizio. Alla pari di «Simba la Rue».
Costui si chiama Mohamed Lamine Saida, ha 26 anni e ha addosso l’accusa, fra le altre, di tentato omicidio… L’abitazione è nella provincia comasca di Merone, vi dimorano anche mamma e fratellino; notori i pellegrinaggi di adolescenti maranza fuori dalla casa dinanzi cui, di notte, ecco sostare una Lamborghini gialla; suoi compari la noleggiano in Svizzera, arrivano sgasando col gusto di svegliare operai e pensionati; il paese protesta e chiama i carabinieri; in caserma alla voce «Simba la Rue» è depositato il fascicolo dei pestaggi sistematici del padre di Mohamed contro la mamma: lui, piccolo, si nascondeva sotto il tavolo tappandosi le orecchie e chiudendo gli occhi.
I papà. Un perpetuo rimpianto di Andrea Arrigoni, «Shiva», 26 anni di Legnano, è quello della tardiva, ultra-tardiva separazione dei genitori: avvenuta non l’anno scorso bensì quando stava per concludere le medie
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13 settembre 2025
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