La Formula 1 moderna è diventata un terreno in cui i dettagli tecnici contano più che mai. Non si tratta soltanto di avere il pilota migliore o l’aerodinamica più raffinata: serve una regia al vertice capace di comprendere la macchina in profondità. È qui che la figura del team principal tecnico sta assumendo un ruolo sempre più decisivo, trasformando addirittura il modo in cui le squadre gestiscono i weekend di gara. Lo ha spiegato bene Helmut Marko dopo la vittoria di Max Verstappen a Monza, una vittoria che ha riportato ossigeno in Red Bull dopo settimane difficili: «Certo, è stata una storia di incredibile successo per Laurent. Data la complessità della Formula 1, avere un tecnico al vertice è probabilmente la soluzione migliore attualmente. Tutto è strutturato in modo più tecnico nelle attuali squadre di F1».
Un’affermazione che sembra quasi ridimensionare i passi in avanti della RB21 a Monza, grazie ad una piccola modifica al fondo, perchè il vero punto di svolta non è arrivato dall’auto, bensì dalle persone che l’hanno gestita secondo Max Verstappen. Il quattro volte campione del mondo olandese non ha esitato a elogiare Mekies, ex Ferrari, sottolineando l’impatto del suo approccio: «Grazie al suo background tecnico, pone agli ingegneri le domande giuste, basate sul buon senso. Penso che stia funzionando davvero bene». Il tre volte campione del mondo ha anche ammesso le difficoltà incontrate prima di questa svolta: «Abbiamo avuto tante gare in cui siamo andati verso un assetto estremo della vettura, senza averne il controllo. Questo perché non avevamo capito appieno cosa bisognasse fare».
Red Bull, ma non solo. Ci sono altri esempi verso una linea chiara per il futuro.
L’attuale Formula 1 è ormai un intreccio sofisticatissimo di aerodinamica, dinamica del veicolo e power unit, con i software di simulazione messi sempre più in difficoltà da un regolamento che ha partorito macchine molto sensibili nel loro funzionamento. Un team principal con formazione tecnica non si limita a mediare tra reparti, ma diventa parte attiva del processo decisionale addirittura leggendone i numeri e soprattutto sa porre agli ingegneri quelle domande che un manager “puro” e più sportivo difficilmente può formulare. Una tendenza in aumento negli ultimi anni, anche per via delle regole del budget cap. In un campionato dove gli aggiornamenti spesso non funzionano come previsto e in cui l’equilibrio delle forze è sottilissimo, la capacità di intervenire con lucidità tecnica è il vero valore aggiunto. A Monza, la Red Bull ha dimostrato di poter ritrovare coerenza, non perché la RB21 sia diventata improvvisamente dominante, ma perché il gruppo di lavoro sembra aver ritrovato metodo e chiarezza. Almeno questo è quello che ci hanno voluto raccontare Max Verstappen e Helmut Marko al termine del GP d’Italia.
Questa tendenza diventerà ancora più marcata con l’arrivo della prossima generazione di auto nel 2026. L’introduzione dei nuovi motori ibridi, con un incremento radicale della componente elettrica, e le vetture più leggere ed efficienti aerodinamicamente, ridisegneranno completamente la Formula 1. Le sfide saranno enormi: dalla gestione dell’energia recuperata, alle mappature delle power unit, fino alla comprensione delle nuove architetture aerodinamiche ‘attive’. In questo contesto, affidarsi a un leader con sensibilità tecnica non sarà solo un vantaggio ma quasi una necessità? I team dovranno affrontare un terreno sconosciuto, con margini di errore ridottissimi e sviluppi da interpretare in fretta. Chi avrà al comando figure capaci di leggere anche i dati, dialogare con gli ingegneri e trasformare informazioni complesse in decisioni immediate, potrebbe avere un certo vantaggio soprattutto nei primi mesi dove tutte le squadre dovranno svilupparsi molto velocemente.
Quello che emerge oggi, e che sarà ancora più chiaro domani, è che alle squadre moderne di F1 serve un ecosistema guidato da chi conosce la tecnica dall’interno. Ad ascoltare gli uomini Red Bull, il successo a Monza è stato il risultato di un equilibrio ritrovato. Poi c’è il miracolo sportivo della McLaren, capitanata da un TP ingegnere come Andrea Stella. Gli importanti passi in avanti fatti dal team Haas, sono arrivati dopo che a capo del team americano è stato messo Ayao Komatsu, anch’esso ingegnere. E non è da sottovalutare nemmeno la scelta di Aston Martin, che per la rivoluzione 2026 ha messo al comando Andy Cowell, un ingegnere esperto di Power Unit, la mente dietro i successi Mercedes nei primi anni delle nuove Power Unit. Poi c’è la futura Audi, che ha ben due ingegneri nelle posizioni di vertice, come Mattia Binotto e soprattutto Jonathan Wheatley (ex Red Bull).
Se il passato recente ci ha mostrato team principal fortemente politici o manageriali, il presente e soprattutto ancor più il futuro potrebbero indicare che anche una strada alternativa, per chi ancora non ce l’ha, deve e può funzionare. E pensare che la Ferrari, già tempo fa, aveva fatto una scelta di questo tipo, promuovendo Mattia Binotto a Team Principal, il quale a sua volta scelse Laurent Mekies come suo braccio destro. Una struttura che al tempo fu discussa e che oggi sembra apparire come una soluzione, ma che a Maranello hanno cambiato, per mancanza di risultati immediati e dissidi interni con la proprietà, affidandosi poi a Frederic Vasseur, un Team Principal si di natura ingegneristica ma con un impronta più politica e manageriale per la sua carriera trascorsa. Lo stesso Binotto oggi, insieme a Jonathan Wheatley, ex Red Bull ed anche lui di natura ingegneristica, hanno preso in mano il futuro team Audi, con i primi segnali positivi ben mostrati in questa stagione, visto che il team svizzero è tra le squadre più sorprendenti e convincenti del midfield dopo un inizio stagione deficitario.
La Formula 1 che si prepara al 2026 sarà talmente complessa da richiedere molte competenze ingegneristiche anche a chi starà al comando dei team. Figure capaci non solo di rappresentare il team davanti alle telecamere, ma soprattutto di orientare le decisioni tecniche quando davvero conta. In definitiva, la vittoria di Verstappen a Monza non è stata soltanto una pagina di gloria personale, ma il manifesto di una Formula 1 che ha cambiato pelle e, per alcuni team come Red Bull, la sta cambiando proprio in queste settimane. Una F1 in cui la differenza nascerà soprattutto da chi ha la capacità di guidarle internamente dall’alto, con una visione profondamente tecnica. Altro che abolire gli ingegneri.
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