Tra gli appuntamenti più intensi della prima giornata di Liberi sulla Carta, spicca l’incontro con Maria Grazia Calandrone, che venerdì 12 settembre ha presentato il suo nuovo romanzo Magnifico e tremendo stava l’amore (Einaudi).
Un’opera potente che intreccia poesia, cronaca e riflessione sociale, affrontando il tema della violenza domestica attraverso la storia di Luciana, una donna che dopo vent’anni di abusi uccide il marito gettandone il cadavere nel Tevere. Calandrone, figlia di una madre vittima di violenza, torna a quel fiume, dove sua madre e il suo compagno si sono tolti la vita. Dialoga con lei la giornalista Claudia Daconto.
“Ogni storia di violenza inizia da una storia d’amore. Un amore che presto diventa possessione e infine violenza”. Dov’è che l’amore subisce questa metamorfosi e diventa un sentimento ambiguo e distruttore? A questo interrogativo cerca di rispondere il libro di Calandrone. Un romanzo nato ancor prima che la scrittrice conoscesse Luciana, la protagonista del caso di cronaca da cui ha preso ispirazione. “Essendo io stessa una madre, ho immaginato che il punto di svolta che ha spinto Luciana a chiedere il divorzio fosse la volontà di liberare sé stessa e i suoi figli dal peso della violenza, restituire loro una vita normale”.
Tra gli elementi di questa vicenda che l’hanno colpita, oltre alle somiglianze con il caso di sua madre, Calandrone ha sottolineato come Luciana fosse molto diversa da come si aspettasse una donna vittima di abusi: forte, lucida, in grado di raccontare la complessità del marito senza “mostrificarlo”.
Calandrone ha sottolineato come nonostante una sentenza giuridica d’avanguardia, le leggi e la cultura di oggi sono ancora lontane dal garantire la condizione di sicurezza e di indipendenza della donna. La storia di Luciana è anche una storia di abbandono e di rifiuto d’aiuto da parte della società e delle forze dell’ordine.
Claudia Daconto, che ha intervistato Luciana nel 2012, riporta le sue parole: Alle donne vittime di violenza dico vi prego parlate. Andate oltre la vergogna.
Il romanzo di Calandrone ci invita a guardare oltre il giudizio, riconoscendo la forza delle donne che sopravvivono alla violenza. È un appello urgente a rompere il silenzio e a costruire una società più giusta e consapevole.