TREVISO – Liste d’attesa, carenza di medici e infermieri, punti di forza, progetti e prospettive future con la tele-medicina. Francesco Benazzi, direttore generale dell’Usl della Marca e commissario dello Iov, l’Istituto oncologico veneto, non ha tralasciato nulla nell’intervista fatta nella redazione de Il Gazzettino. A pochi mesi del termine del suo mandato alla guida dell’azienda sanitaria (dopo 10 anni, scadrà a fine febbraio) ha tracciato l’orizzonte della sanità pubblica nel trevigiano.
APPROFONDIMENTI
Dottor Benazzi, partiamo dalle liste d’attesa per visite ed esami. Qual è il quadro attuale?
«Dopo l’emergenza Covid ci siamo ritrovati a dover recuperare 43mila prestazioni. Sempre continuando a garantire le 65mila prestazioni che eroghiamo normalmente ogni settimana. Siamo partiti da qui. E grazie l’impegno della Regione, che ci ha messo la faccia e i soldi, stiamo completando il recupero».
A che punto si è arrivati?
«Sulle traccianti, quelle previste dai Lea, abbiamo azzerato le attese per la priorità B (entro 10 giorni, ndr) e dobbiamo ancora recuperarne 900 in priorità D (entro 30 giorni, ndr) e 1.250 in priorità P (entro 60/90 giorni, ndr). È stato fatto un grande lavoro. Mentre tra le non traccianti ce ne sono 6.400 prestazioni da recuperare. A volte qualcosa può sfuggire. La Regione, però, ci ha impegnato a puntare all’azzeramento di tutte le liste entro fine anno. In tutto ciò, poi, va sempre ricordato che i nostri medici fanno anche urgenze, interventi, seguono reparti, guardie, reperibilità e così via».
Il tasto più dolente sono le cataratte?
«Eravamo a un anno di attesa. Ma ora l’abbiamo ridotto. Sono stati richiamati 400 pazienti. In 4 o 5 mesi azzereremo anche queste attese. Stiamo chiamando le persone per recuperare tutte le liste chirurgiche. Invece per i tumori, nello specifico, non ci sono problemi: nessuno aspetta».
Pesa la carenza di medici. Quanti ne mancano negli ospedali della Marca?
«Ce ne mancano 162. Penso alla neuroradiologia per le risonanze, dermatologia, oculistica e così via. Più 58 infermieri, anche se ne abbiamo da poco assunti una trentina. L’aspetto più tragico è che i giovani oggi spesso rifiutano gli ospedali periferici. Ma pur con queste carenze stiamo facendo di tutto per portare le liste d’attesa a zero».
Come sopperite alle assenze?
«Con le prestazioni aggiuntive dei nostri medici, pagate 80 euro all’ora, grazie appunto ai soldi stanziati dalla giunta Zaia. Senza questo, le attese sarebbero molto più lunghe. Sono sempre stato chiaro sulle critiche relative alle assunzioni: se ci portano professionisti, siamo pronti ad assumerli anche domani mattina».
I problemi maggiori riguardano le visite di controllo.
«Su queste dobbiamo pensare a lavorare con la tele-medicina e con dispositivi indossabili, accompagnando le persone anziane. Lo facciamo già in cardiologia, neurologia, psichiatria, neuroradiologia, chirurgia e riabilitazione. E dobbiamo potenziare il sistema. La popolazione sta invecchiando. La Marca è in cima alla classifica europea per vita media: oltre 84 anni per gli uomini e più di 86 per le donne. Vuol dire che qui vengono date risposte alla salute dei cittadini. Ma allo stesso tempo aumentano le patologie croniche. Sarebbe impossibile gestirle senza puntare sulle tecnologie. Sono le cose che porteremo nelle nuove Case della comunità (i 17 super-ambulatori in fase di realizzazione, ndr). Sarà la salvezza della sanità, altrimenti andremmo in default».
Ci sarà il personale per riempirle?
«Ci saranno anche gli operatori dei distretti. Nascono per dare una risposta vicina ai cittadini ma anche per ridurre la polverizzazione dei servizi. Saranno centri di riferimento per 30mila o 40mila abitanti. I medici di famiglia e di guardia medica potranno confrontarsi con gli specialisti, senza più fare diagnosi solo mettendo le mani e valutando i sintomi: potranno fare esami del sangue, radiografie ed ecografie. Una rivoluzione copernicana, che aiuterà anche le realtà periferiche oggi più scoperte».
Cosa pensa di chi parla di una privatizzazione della sanità?
«Noi facciamo direttamente il 91% delle prestazioni ambulatoriali. Ne eroghiamo 3 milioni all’anno, escludendo 9 milioni di esami di laboratorio. Il privato accreditato alla fine copre solo il 9%».
Quando tornerà ad aumentare il numero di medici? Nel corso di infermieristica di quest’anno a Treviso, poi sono rimasti vuoti 62 posti su 200.
«Da quest’anno passiamo da 90 a 100 posti per Medicina. Nel giro di qualche anno non ci sarà più il problema dei medici. Per infermieri c’è una crisi vocazionale legata a ruolo e stipendi. La Regione, intanto, ha chiuso un accordo sindacale importante per incentivarli. Sul corso di laurea, invece, incide la revisione dell’assetto. Ci sono 80 candidati per Medicina che hanno indicato come seconda opzione infermieristica. Considerando questo, alla fine dovremmo arrivare a riempire i classici 200 posti».
Quando verrà costruito il nuovo campus universitario accanto alla centrale del 118?
«Mi auguro che per l’inizio di ottobre venga sancito l’accordo sulla cittadella sanitaria. Poi partiremo con i lavori per l’università. Ci tengo tantissimo».
Medici di famiglia: le tabelle dicono che nella Marca ci sono 363 posti vacanti.
«Sono comprese anche le guardie mediche. Oggi mancano esattamente 57 medici di famiglia in provincia. Sono 486 quelli in servizio, compresi 20 provvisori. Ne mancano 17 nel distretto che comprende Oderzo, Motta, Maserada, Arcade, Paese e Ponzano. Poi, 6 nel distretto tra Treviso, Mogliano, Roncade e San Biagio. Undici nel distretto di Pieve di Soligo. E 23 in quello di Asolo. Ma si intravede un’inversione di tendenza. Soffriremo ancora per lo spostamento di medici con incarichi provvisori. Ma alla fine il problema si risolverà».
Le aggressioni contro il personale sanitario sono sempre più frequenti. Mercoledì nel pronto soccorso di Treviso è stato picchiato un infermiere.
«Oltre al un posto di polizia fisso, chiederò ai carabinieri in congedo di presidiare il pronto soccorso. E auspico che i 300 braccialetti Sos che daremo al personale possano essere collegati con le forze dell’ordine. Qui c’è il rischio che nessuno voglia più lavorare in pronto soccorso».
Registrate un aumento dei disagi psichici?
«Dopo l’emergenza Covid e le relative limitazioni, sicuramente. Ma l’aggressività c’è anche perché non si è più abituati ad attendere e a rispettare chi si prende cura di noi. Si pensa si sapere tutto con internet. Questo fa male a tutti».
Il settore della psichiatria è in difficoltà?
«Vive un momento difficile. Ma rispetto a due anni fa abbiamo 15 nuovi psichiatri. E abbiamo assunto anche 30 psicologi. Lavoriamo sempre di più sul progetto di vita, puntando a coinvolgere le famiglie».
E la pediatria?
«Entro fine anno avremo 25 nuovi pediatri: si stanno specializzando e hanno già scelto Treviso. A breve inaugureremo il nuovo cinema nella pediatria del Ca’ Foncello. E accanto tornerà il biscottificio».
Quando inizieranno i lavori nel pronto soccorso del Ca’ Foncello?
«Da ottobre cominceremo creare spazi dedicati sia per i bambini che per le persone con disabilità».
Nell’ospedale di Castelfranco si procede con la costruzione dei bunker per la radioterapia dello Iov?
«Se tutto va bene, concluderemo i lavori per febbraio. La collaborazione tra Usl e Iov si è via via rafforzata. Lo Iov deve portare dentro la chirurgia oncologica ginecologica e ampliare il day hospital e la day surgery. È importante che l’Usl finisca velocemente l’11esimo piano, in modo da dare allo Iov la possibilità di entrare con quello che manca».
A Castelfranco non sono mai mancate le polemiche sul San Giacomo.
«Non capisco l’accanimento. È sempre stato un ospedale a due gambe, con Montebelluna. All’epoca è stato fatto così. E Castelfranco per le urgenze come ictus e infarto può contare su cardiologia interventistica e neurologia. Mentre la traumatologia importante va direttamente a Treviso. C’è il pronto soccorso, la medicina è garantita, c’è la sala parto ».
A proposito, il punto nascite rischia la chiusura dopo essere sceso sotto i 500 parti l’anno?
«La deroga è stata data dal ministero. Ogni eventuale decisione dipende da questo».
L’ospedale di Montebelluna coma sta?
«Ci sono professionisti giovani. Penso a pneumologia e ortopedia. Arriverà anche il primario della chirurgia. Abbiamo un’ottima riabilitazione. Una buona medicina. E la geriatria».
E a Conegliano, dove sono in corsi i lavori di ampliamento?
«Anche qui abbiamo ottimi professionisti, tra gli altri reparti, in ortopedia, chirurgia generale, neurologia, medicina. La cardiologia registra 2,5 milioni di attrazione da pazienti che arrivano da fuori Veneto. E i lavori vanno avanti, anche se bisogna un po’ pressare».
Vittorio Veneto è centro di riferimento nazionale per i tumori della laringe.
«Sì. C’è una scuola straordinaria. E non solo. C’è il pronto soccorso e un’ottima chirurgia. Medicina e oncologia funzionano bene. E in più c’è la centrale logistica del farmaco».
Non da ultimo, l’ospedale di Oderzo.
«Tra i nodi qui c’è la mancanza del dottor Stefano Lamon (il primario di oncologia morto lo scorso 15 luglio, ndr). Per noi è stata una grande perdita. Stiamo ragionando per individuare un professionista che possa prendere il suo posto. Ma non sarà facile».
Intanto ieri all’ingresso della cittadella sanitaria del Ca’ Foncello è stata posta una targa dedicata all’ex direttore generale Domenico Stellini, nato 90 anni fa. «Padre della sanità trevigiana – si legge – la cittadella è espressione viva anche del suo pensiero». «Lo avevo soprannominato mister Sanità – ricorda il governatore Luca Zaia – seppe guardare al futuro e fu un eccezionale maestro». Con i familiari e Benazzi c’erano, tra gli altri, Giuseppe Dal Ben, Giorgio Roberti e l’ex senatore Giacomo Archiutti. «Mio papà mi diceva che gli sarebbe piaciuto che un giorno qualcosa ricordasse la sua vita dedicata all’ospedale di Treviso – ha spiegato il figlio Edoardo – aveva la gioia e l’orgoglio di appartenere alla sanità pubblica, che permette a tutti di accedere alla salute. Chi l’ amministra lo fa con mille preoccupazioni, spesso resistendo alla lusinga del privato che offrirebbe molto di più per fare molto meno». «Stellini è stato un maestro: ha trasformato il Ca’ Foncello da piccolo anatroccolo a ospedale regionale – tira le fila Benazzi – deve rimanere nel cuore di tutti perché, con l’avvocato Pavan, che era presidente dell’Usl, ha reso importante l’ospedale di Treviso».