Prima di votare sarebbe opportuno sapere chi saranno i nuovi assessori alla sanità proposti dalle diverse compagini in lizza per le regionali

In un recente convegno pubblico, Milena Gabanelli,giornalista, ha messo a nudo le fragilità della sanità pubblica italiana, indicando nel sistema di potere regionale e nella mancanza di trasparenza i nodi irrisolti che soffocano il Servizio sanitario nazionale.

“Prossimamente andremo a votare in sette regioni. Lo scopo delle regioni è principalmente quello di gestire la sanità: l’84% del budget di ogni regione va in sanità”, ha ricordato Gabanelli. “Le regioni decidono quali ospedali aprire, quali chiudere, quali accreditare, quanti medici assumere e dove, quante risorse dedicare alle strutture per anziani o all’assistenza domiciliare. Insomma, la differenza sullo stato di salute la fa la qualità della politica regionale”.

Da qui l’appello diretto ai cittadini: “Chiedete ai vostri candidati o al vostro candidato preferito di indicare prima del voto chi sarà l’assessore alla Sanità. È importante, perché se le cose funzionano male non è solo un problema di risorse, ma di come vengono gestite. Quindi. un problema di competenze e di organizzazione”.

La giornalista ha passato in rassegna il meccanismo delle nomine: “Il presidente della Regione sceglie l’assessore alla Sanità, che nomina i direttori generali, che nominano a loro volta i direttori sanitari, amministrativi e medici. Poi si arriva ai primari, che oggi si chiamano dirigenti: i bandi ci sono, ma va sempre a finire che ad avere i requisiti richiesti è il prescelto, prescelto prima”.
“Su questa modalità influiscono sempre i partiti – ha denunciato – e a seconda delle regioni e delle città anche i rettori, la massoneria, le associazioni cattoliche, i sindaci. Questo per dare l’idea che la competenza è l’ultimo dei requisiti richiesti”.

Uno dei passaggi più duri è stato sulle liste d’attesa: “La premier Meloni e il ministro Schillaci avevano promesso che avrebbero pubblicato sulla piattaforma nazionale i dati comparabili regione per regione. I dati ci sono, ma non vengono pubblicati: presumibilmente usciranno dopo le elezioni. Sarebbe bene che i cittadini sapessero come sono messe le liste d’attesa nel loro ospedale o distretto. Oggi non è possibile”.

Le cause, secondo Gabanelli, sono strutturali: “Negli ospedali accreditati, troppo spesso le liste sono chiuse o ti danno date talmente lontane che sei spinto ad andare a pagamento. E questo accade anche nelle strutture pubbliche: non riesci a fare una colonscopia, ma se vai a pagamento dallo stesso specialista, nello stesso ospedale, ce l’hai domani”.

Alla carenza di visite e diagnostica si aggiunge la crisi della medicina di base: “Quando non riesci a contattare il medico di famiglia, perché non ti risponde o tiene l’ambulatorio aperto poche ore, ti fiondi al pronto soccorso. Il quale, come dice il nome, dovrebbe gestire solo le emergenze, e invece gestisce dai mal di pancia agli infarti”.
Il risultato è un sistema al collasso: “Mancano medici, infermieri, letti. Tutto questo è legato al definanziamento, ma anche a cattiva organizzazione e a una non volontà di risolvere i problemi dentro una cornice chiara. Così si scarica tutto sulle assicurazioni. Ma allora smettiamola di raccontarci che abbiamo un’assistenza universalistica e gratuita per tutti, perché questo non è semplicemente vero”.

Infine, un’ultima richiesta di trasparenza: “Esiste un comitato permanente per monitorare i conti e i Lea (Livelli essenziali di assistenza) delle Regioni, con rappresentanti dei ministeri e delle regioni stesse. Di fatto, le Regioni controllano se stesse, e i verbali non sono pubblici. Io vorrei che fossero pubblici. Perché non devono esserlo? Io voglio sapere come funzionano i conti della mia regione, posso pretenderlo”.

La giornalista Milena Gabanelli descrive dunque una sanità pubblica italiana dove la corruzione è presente in modo massiccio.
Salvo un breve accenno agli ospedali accreditati non si è soffermata a parlare della sanità privata che è strettamente legata al servizio sanitario nazionale pubblico.

Il report dell’ISTAT relativo alla corruzione in Italia per l’anno 2022-2023
(vedi link https://www.sistemapenale.it/it/documenti/la-corruzione-in-italia-lultimo-report-dellistat)
certifica con numeri la corruzione mentre la commissione europea in una stima fatta nel 2014 sostiene che i costi totali diretti della corruzione in Italia ammontano a 60 miliardi di euro l’anno (pari a circa il 4% del PIL).
(vedi link https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/2826-statistiche-e-valutazioni-sulla-corruzione-in-italia-nella-relazione-della-commissione-europea ). La commissione europea spende anche due parole per la sanità privata affermando che Insufficienti risultano gli interventi di riforma in materia di corruzione nel settore privato.

Una stima più recente (2022) dell’associazione la Voce valuta che la corruzione costa all’economia italiana almeno 237 miliardi l’anno. (vedi link https://lavoce.info/archives/99457/quanto-costa-la-corruzione-2/ ).

E la situazione potrebbe aggravarsi a causa di deroghe alle regole standard dovute alla necessità di accelerare procedimenti e acquisti pubblici.

MARCELLO CAMICI