Il caso Monica Maggioni scuote ancora una volta i vertici di Viale Mazzini. L’ex presidente Rai, già direttrice di RaiNews24, del TG1 e D.E.O.I., si è dimessa ufficialmente dal suo incarico, ma – secondo quanto riportato in un documento protocollato e indirizzato a tutti i membri del Consiglio di Amministrazione – sarebbe pronta a rientrare in azienda con un contratto esterno ben più remunerativo rispetto al compenso da dirigente fissato al tetto dei 240mila euro.
Chiarimenti sul caso di Monica Maggioni
Un’operazione che ha fatto gridare allo scandalo: si esce dal portone e si rientra dalla finestra, con l’aggiunta di una busta paga più ricca e fuori dai vincoli imposti ai manager pubblici. A sollevare il caso è stato il consigliere di amministrazione Rai di minoranza Davide Di Pietro, che con una lettera ufficiale ha chiesto chiarimenti all’amministratore delegato Giampaolo Rossi e agli altri membri del CdA. Di Pietro invoca trasparenza sui termini economici e legali del nuovo contratto, firmato a quanto pare subito dopo le dimissioni della Maggioni, e ricorda che la legge di bilancio 2025 obbliga la Rai a contenere e razionalizzare i costi delle consulenze esterne. La domanda, inevitabile, resta sospesa: come può la Rai giustificare un’operazione del genere, proprio mentre la politica – e in particolare gli uomini della destra di Palazzo Chigi – dichiarano di voler rafforzare rigore e controllo sui conti della tv pubblica?
L’ennesimo paradosso italiano
Il sospetto è che si tratti dell’ennesimo paradosso italiano: si rinuncia formalmente a un incarico, ci si sfila dalle regole di contenimento dei compensi, e si rientra subito con una formula “esterna” che garantisce più soldi e meno vincoli. E tutto questo avviene in un Paese dove – udite, udite – la Funzione Pubblica nega il parere perfino a quei dipendenti che chiedono di rimanere in servizio un altro anno anche a titolo gratuito. Due pesi e due misure che fanno riflettere: da un lato chi offre la propria professionalità senza costi viene respinto, dall’altro chi si dimette riesce a rientrare con un contratto più oneroso per le casse pubbliche.
Questione di credibilità
Un caso che rischia di aprire una crepa pericolosa nella credibilità dell’azienda e del suo vertice, proprio in un momento in cui la Rai viene chiamata a stringere la cinghia e a rispondere agli obblighi di spending review fissati per legge. La vicenda Maggioni, dunque, non è soltanto una questione di cifre, ma di principio e di trasparenza: il servizio pubblico televisivo, finanziato dal canone dei cittadini, può davvero permettersi simili operazioni opache?
© Riproduzione riservata
Redazione