In una società che invecchia il rischio è alimentare dinamiche economiche insostenibili. La ricetta di Giovanni Sotgiu, esperto del Css.

Se vi proponessero un intervento sanitario che coniuga equità, sicurezza e sviluppo globale, probabilmente non avreste dubbi ad accettarlo. Ebbene, sappiate che le vaccinazioni, non solo per i bambini ma anche per gli adulti, consentono di andare verso questi obiettivi. Parola di Giovanni Sotgiu, ordinario di Statistica medica all’Università di Sassari e componente del Consiglio Superiore di Sanità.

In una società che ha sempre più bisogno di veder aumentare anche gli anni vissuti in salute, ovvero il cosiddetto Healthspan, dopo i miglioramenti registrati sul fronte della Lifespan, la prevenzione appare lo strumento fondamentale per saldare i gap e mantenere sostenibili i sistemi sanitari, combattendo le diseguaglianze.

Perché se da un lato il divario tra durata di vita e anni vissuti in buona salute sta crescendo, con una differenza ancor più significativa per le donne, solo con interventi di prevenzione e di politiche socio-sanitarie mirate si può rispondere alle necessità crescenti.

“Dobbiamo tenere presente che stiamo vivendo una profonda trasformazione demografica e un calo della forza lavoro, con oggettivi rischi per la sostenibilità del Servizio sanitario: oggi gli over 65 pur rappresentando più o meno un quarto della popolazione assorbono quasi il 60% della spesa sanitaria nazionale – spiega l’esperto – Per questo dobbiamo sfruttare ogni opportunità per costruire una società longeva, che sia però anche in salute, per non creare dinamiche economiche non sostenibili. In questo senso, i vaccini anche in età adulta e anziana si inseriscono nell’ambito dei necessari interventi di prevenzione, come alimentazione equilibrata, esercizio fisico regolare e screening per le malattie croniche. L’obiettivo deve essere il miglioramento della qualità di vita, cui segue la creazione di valore per il sistema economico”.

L’impatto delle mancate vaccinazioni sulla salute

In questo senso, va detto, sono diverse le osservazioni che giustificano anche in chiave economica l’adozione di strategie vaccinali appropriate nelle diverse età della vita, con un particolare occhio di riguardo per le fragilità. Basti pensare ai risultati di uno studio recentemente condotto da Altems sull’impatto economico della mancata vaccinazione in termini di perdita di salute e maggiori costi, considerando le implicazioni economiche e sociali dell’ampliamento delle coperture come previsto dal Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale 2023-2025.

Sostanzialmente, sul fronte dell’impatto economico della mancata copertura vaccinale in riferimento alle vaccinazioni non obbligatorie, ovvero per Papillomavirus, Meningococco Acwy (MenACWY), Influenza, Pneumococco, Herpes Zoster, Covid-19, la ricerca propone una nuova dinamica valutativa e segnala come, partendo dalle attuali stime sulla copertura nazionale ed elevandole ai livelli minimi ottimali, si possa ipotizzare un beneficio in termini di gettito fiscale recuperato pari a 560 mln di euro, un abbattimento fino a 2,9 mld di costi indiretti e un recupero di 9 mld e mezzo di Pil.

Influenza: altro che banale, ecco chi rischia di più

“I vaccini rappresentano uno dei più grandi risultati della scienza, avendo permesso il controllo, l’eliminazione (ad esempio nel caso della poliomielite in diverse aree del mondo) o l’eradicazione (nel caso del vaiolo) di malattie infettive letali – fa notare Sotgiu – Si stima che prevengano circa 4 milioni di morti ogni anno, salvando nelle ultime cinque decadi almeno 154 milioni di vite. Soprattutto, dobbiamo ricordare che non solo prevengono i casi di malattia, morte e disabilità, ma contribuiscono, in misura significativa, alla riduzione dei costi sanitari diretti e indiretti (con ritorni economici fino a 52 dollari ogni dollaro investito nei Paesi a basso e medio reddito), alla protezione dei soggetti più fragili a rischio di gravi complicanze cliniche in caso di infezione attraverso l’immunità di gregge. Inoltre, evidenze scientifiche mostrano il sostegno dello sviluppo cognitivo, l’istruzione e la crescita produttiva delle popolazioni”.

Le malattie che ritornano

C’è però un aspetto che non va dimenticato. Perché questa enorme opportunità di prevenzione sia davvero efficace ed efficiente, occorre mantenere nel tempo coperture elevate. Stiamo vedendo, in questo senso, cosa sta accadendo con il ritorno del morbillo o i casi di poliomielite, che suonano come segnali d’allarme per la sanità pubblica. Ma soprattutto, dobbiamo considerare tutte le popolazioni target, compresi gli adulti (specie se con fattori di rischio che potrebbero avere gravi problemi clinici in presenza di debolezze immunitarie), e ovviamente gli anziani.

“Non dobbiamo dimenticare il fenomeno dell’immunosenescenza, che pone chi è avanti con gli anni – e non solo – a maggior rischio di sviluppare infezioni e complicanze – conclude Sotgiu – La ridotta capacità di rigenerazione e differenziazione delle cellule immunitarie, la perdita progressiva della capacità di memoria immunologica e l’accumulo di errori a livello cellulare aumentano i rischi di una risposta deficitaria alle infezioni con l’età. Ma non solo. I pericoli crescono in presenza di malattie croniche, anche nelle persone più giovani. Per questo è importante proteggersi. In questo senso, il successo nel tempo delle vaccinazioni dipende dal mantenimento di coperture vaccinali elevate, dalla sorveglianza epidemiologica e dalla fiducia pubblica nelle istituzioni sanitarie. La disinformazione e la misinformazione rappresentano un grave pericolo della società odierna, nonostante i vaccini siano sottoposti a sperimentazioni di efficacia, sicurezza e tollerabilità prima di essere approvati. Vaccinarsi significa non solo orientarsi verso una protezione personale, ma assumere un senso di responsabilità verso la propria comunità di appartenenza”.