Attacchi israeliani in Iran furono messi a segno da donne del Mossad
A mettere a segno le ultime operazioni del Mossad in Iran sono state agenti donne, che, scrive il Jerusalem Post in una esclusiva, sembrano ormai il nucleo operativo cruciale del servizio segreto israeliano per le operazioni all’estero. Decine di loro si infiltrarono nel territorio della Repubblica Islamica lo scorso giugno, quando si è trattato di colpire il programma nucleare degli ayatollah. Il quotidiano israeliano non è in grado di dire con precisione quali azioni abbiano compiuto le agenti, poiché queste sono classificate, ma ricorda che nel 2024 l’agente «G», specializzata nell’intelligence dei segreti iraniani, fu omaggiata nel giorno dell’Indipendenza con l’accensione di una fiaccola a lei dedicata. Il ruolo delle donne sembra diventato centrale per il capo del Mossad, David Barnea, che le addestra non più per sedurre i funzionari iraniani o in compiti di sorveglianza, ma anche per attacchi e reclutamento sul posto di spie. A giugno centinaia di agenti si sono mosse simultaneamente in diverse operazioni, coordinate tra loro, giocando, tra l’altro, sul ruolo di diversi dissidenti iraniani che hanno contribuito a mettere in ginocchio numerose piattaforme radar e di missili balistici. Una volta sul posto, gli operativi hanno fornito informazioni precise ai caccia israeliani sugli obiettivi militari da colpire: solo nel secondo giorno di attacchi Teheran fu in grado di reagire. Il Mossad, scrive ancora il Jerusalem Post, ha oggi conoscenze a sufficienza per individuare dove si trova l’uranio arricchito iraniano non ancora eliminato, e ne monitora un eventuale uso di Teheran per costruire la bomba atomica. Gli ultimi attacchi israeliani hanno avuto nel mirino le centrali di Natanz, Fordow, e Isfahan, e un’altra decina di siti, ma oltre 400 chili di uranio arricchito al 60% sarebbero rimasti intatti e, se ulteriormente arricchito, basterebbero alla produzione di cinque bombe nucleari.